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E dopo Milano 2, Lampedusa 2 (ce lo chiede, di nascosto, l’Europa)

Profughi siriani giunti in stazione centrale a Milano ansa

di Massimo Donelli

Questo contenuto è stato pubblicato il 29 luglio 2014 - 10:36

Se vi capitasse in questi giorni di arrivare a Milano in treno e decideste di avviarvi a piedi verso il centro attraversando la zona di Porta VeneziaLink esterno, la vostra passeggiata si trasformerebbe in uno slalom tra la miseria, la paura, la pietà.

Chi sono quelle donne (centinaia) con i bimbi attaccati al seno sedute per terra sugli scaloni della Stazione CentraleLink esterno?

Profughe siriane, accampate con le famiglieLink esterno per giorni e giorni in attesa di prendere un treno verso il nord Europa.

E chi sono quegli uomini (centinaia) alti, magri, ieratici che chiacchierano sotto gli alberi dei BastioniLink esterno a due passi dai vagabondi ubriachiLink esterno che, indisturbati, occupano quotidianamente Piazza OberdanLink esterno?

Profughi eritrei, assistiti dai connazionali della comunità milaneseLink esterno che vive nella cosiddetta casbah (via Lazzaro Palazzi e dintorniLink esterno) e li accudisce ogni giorno per strada distribuendo pasti, bevande, vestiti e quant'altro. Anche loro aspettano di proseguire il viaggio per il nord Europa.

Dopo Milano 2Link esterno, ecco Lampedusa 2.

Benvenuti nel campo profughi che non è un campo profughi.

Benvenuti nel non vedo, non sento, non parlo del governo più chiacchierone che si ricordi.

Benvenuti nel cuore dell'ipocrisia europea.

E sì, perché mentre gli abitanti di Porta Venezia protestanoLink esterno (hanno paura a rientrare a casa di sera); c'è il timore che tornino malattie dimenticate (come la tubercolosiLink esterno o la scabbiaLink esterno); e il cuore grande dei milanesi batte più che mai (volontari laici e cattoliciLink esterno fanno l'impossibile per alleviare le sofferenze della massa di disperati), Lampedusa 2 è la prova provata che l'Italia e l'Unione europea (Ue) predicano bene, ma, opportunisticamente, razzolano male.

Come dite? Fuori la prova? Eccola.

Io, profugo, sbarco a Lampedusa.

Tu poliziotto dovresti identificarmi.

Io non voglio essere identificato.

Perché sì, cerco asilo politico, ma non in Italia.

E se risulto registrato in un Paese perdo qualunque chance di piazzarmi in un altro.

Facciamo così, allora.

Io ti do un nome falso e tu mi dai il foglio di via: vattene dal territorio italiano.

Perfetto: io mi levo dai piedi e cesso di essere un problema.

Dove vadoLink esterno?

Dove c'è più ricchezza, come in Germania e nel Regno Unito.

O dove c'è più accoglienza, come in Danimarca, Norvegia, Svezia: lì, figurati, mi danno subito una casa, un sussidio e quant'altro.

Così siamo tutti contenti, no?

Niente impronte digitaliLink esterno, perciò, caro poliziotto, altrimenti sono fritto, ok?

Ecco come funziona.

All'italiana.

Ma sta bene a tutti, anche ai rigidoni del fiscal compactLink esterno, quelli con il ditino sempre alzato quando c'è da bacchettare il Belpaese perché non rispetta le regole, i parametri, le direttive Ue.

In questo caso Roma non le rispetta per sé e per conto terzi; quindi, bocche chiuse.

Tutti ipocritamente d'accordo pur di non affrontare sul serio il tema (politicamente spigoloso) dell'immigrazioneLink esterno.

E pazienza se quei pirla dei milanesi si beccano un campo profughi diffuso.

Ce lo chiede (di nascosto) l'EuropaLink esterno.

massimo.donelli@usi.chLink esterno

Follow @massimodonelliLink esterno

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