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Rinunciare al bio per fronteggiare la crisi alimentare

La domanda di prodotti bio è in costante ascesa. Keystone / Jean-christophe Bott

Rese troppo basse e consumo di terra troppo alto: per questa ragione sarebbe meglio rinunciare all'agricoltura biologica, sostiene l'amministratore delegato di Syngenta Erik Fyrwald. Una dichiarazione che suscita polemiche.

Questo contenuto è stato pubblicato il 09 maggio 2022 - 19:24
tvsvizzera.it/mar con Keystone-ATS

Le rese dell'agricoltura biologica possono essere inferiori fino al 50% a seconda del prodotto, ha affermato Fyrwald sulle colonne della Neue Zürcher Zeitung am Sonntag. Per l'amministratore delegato di Syngenta - il colosso dell'agrochimica basilese specializzato, tra le altre cose, nella produzione di prodotti fitosanitari e sementi e dal 2017 di proprietà della multinazionale cinese ChemChina - "la conseguenza indiretta è che le persone muoiono di fame in Africa, perché noi mangiamo sempre più prodotti bio".

L'agricoltura biologica inoltre favorisce il consumo di terra, perché richiede superfici più grandi. Danneggia anche il clima, poiché i campi vengono solitamente arati, il che aumenta le emissioni di CO2, sostiene ancora Fyrwald.

Malgrado Syngenta produca pesticidi e sementi geneticamente modificate, Fyrwald afferma di non opporsi all'agricoltura biologica per favorire gli interessi di Syngenta. Il settore realizza infatti alti profitti con i prodotti bio, poiché i consumatori sono pronti a pagare molto per questo, fa notare l'amministratore delegato.

Erik Fyrwald afferma che quanto da lui dichiarato non è nell'interessa di Syngenta, che realizza alti profitti coi prodotti bio. Keystone

Terza via

Fyrwald propone una terza via in agricoltura, che non è né solo convenzionale, né unicamente biologica. Il suo concetto di "agricoltura rigenerativa" prevede la rotazione delle colture come nell'agricoltura biologica e allo stesso tempo propone un uso mirato di pesticidi e OGM allo scopo di aumentare le rese.

A causa della crisi del coronavirus e di condizioni meteorologiche estreme, i prezzi di mais, soia e cereali erano già saliti prima della guerra in Ucraina, afferma ancora Fyrwald. Con l'invasione russa dell'Ucraina, che sfama 400 milioni di persone, la crisi alimentare globale rappresenta un grande pericolo. Il Programma alimentare mondiale dell'ONU copre i bisogni di 125 milioni di persone, e metà del grano proviene dall'Ucraina. Questo non è però più disponibile, conclude il CEO di Syngenta.

Affermazione "grottesca"

Le dichiarazioni di Fyrwald non hanno naturalmente lasciato indifferenti coloro che da anni si impegnano per un'agricoltura più ecologica. In una presa di posizione su Twitter, l'agricoltore bernese e presidente dell'Associazione dei piccoli contadini Kilian Baumann ha definito "grottesca" l'argomentazione del patron di Syngenta.

Il vero problema - sostiene Baumann - non è l'agricoltura biologica, bensì la nostra "fame di carne", che spinge a un consumo di terra enorme. "Per produrre una caloria animale, occorre molto più spazio rispetto a una caloria vegetale", argomenta l'agricoltore.

L'associazione di categoria Bio Suisse ha da parte sua rammentato che un terzo delle derrate alimentari finisce nella spazzatura. Inoltre, enormi quantità di cereali e di olii alimentari sono utilizzate per produrre carburanti o della carne, mentre la gente muore di fame.

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Critiche anche dall'Italia

La polemica in merito alle dichiarazioni dell'amministratore delegato di Syngenta ha anche varcato i confini. In Italia, dove è stata recentemente approvata una legge sul bio, la Coldiretti ha parlato di un attacco che "colpisce direttamente il Paese, leader europeo nel numero di imprese agricole biologiche, con ben 70'000 produttori e oltre due milioni di ettari coltivati".

E il mercato è in costante crescita, tanto che nell'ultimo decennio le vendite totali sono più che raddoppiate e nel 2021 hanno sfiorato il record di 7,5 miliardi di euro tra consumi interni ed esportazioni.

Secondo il presidente dell'associazione Ettore Prandini, "a decidere cosa produrre non può essere di certo la cinese Syngenta". Se si vuole aumentare il quantitativo delle produzioni, ha proseguito Prandini, l'obiettivo deve piuttosto essere raggiunto "salvando aziende e stalle".

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