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Senza il canone radio-tv, programmi per le minoranze a rischio

Il 4 marzo prossimo, i cittadini svizzeri dovranno dire se vogliono o meno abolire il canone radiotelevisivo. Un sì all’iniziativa popolare nuocerebbe alla pluralità dei media e al processo di formazione delle opinioni, mette in guardia il governo.

Questo contenuto è stato pubblicato il 11 dicembre 2017 - 16:35
tvsvizzera.it/mar con RSI (TG dell'11.12.2017)
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L’iniziativa popolare è stata battezzata “No Billag”, dal nome della società che sino alla fine del 2018 percepirà il canone radiotelevisivo in Svizzera. Il suo obiettivoLink esterno è semplice: vietare alla Confederazione di sovvenzionare emittenti radiofoniche e di riscuotere il canone.

In altre parole, la Società svizzera di radiotelevisione (di cui fa parte tvsvizzera.it) e un’altra trentina di emittenti private non potrebbero più fare affidamento sui circa 1,4 miliardi di franchi raccolti ogni anno con il canone.

Secondo la ministra delle telecomunicazioni Doris Leuthard, che lunedì ha ufficialmente lanciato la campagna del governo, se l’iniziativa venisse accettata si potrebbero produrre solo emissioni redditizie e i programmi della Svizzera italiana e della Svizzera romanda – dove il bacino di utenti è molto piccolo – non sarebbero più finanziabili.

Pericolo di ingerenze politiche

Un ‘sì’ nuocerebbe inoltre alla pluralità dei media e al processo di formazione delle opinioni. Un processo essenziale in un paese a democrazia diretta come la Svizzera.

Con il passaggio a un sistema di finanziamento puramente commerciale, come previsto dall'iniziativa, aumenterebbe il grado di dipendenza da finanziatori privati e gruppi imprenditoriali esteri, e con esso il pericolo di ingerenze politiche, aggiunge il governo. Gli introiti pubblicitari sarebbero ancora più sottratti al mercato indigeno, per defluire all'estero.

Finanziare i programmi del servizio pubblico solo con pubblicità e sponsor non è possibile in un paese piccolo e con quattro lingue nazionali come la Svizzera. Per questa ragione viene riscosso un canone. Nel 2016 i proventi sono stati di circa 1,37 miliardi di franchi: quasi 1,24 sono andati alla SSR, mentre le 21 radio locali e le 13 televisioni regionali hanno ricevuto 61 milioni di franchi.

La scomparsa del canone creerebbe a tutti loro grossi problemi finanziari. Numerose trasmissioni, in particolare anche su temi politici e sociali importanti, non potrebbero più essere prodotte o non più ai livelli di qualità attuali. L'offerta odierna verrebbe ridotta in modo massiccio.

Primo paese in Europa

Se l’iniziativa venisse accettata la Svizzera sarebbe il primo paese in Europa ad abolire il mandato di servizio pubblico nel settore della radio e della televisione, ha precisato Doris Leuthard.

In Svizzera ogni economia domestica oggi paga circa 450 franchi all’anno di canone radiotelevisivo. Una cifra sensibilmente più elevata rispetto a quella di altri paesi europei.

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Questo importo va però relativizzato, poiché la SSR deve – per legge – fornire “programmi radiofonici e televisivi completi e di pari valore a tutta la popolazione nelle tre lingue ufficiali” e avere “almeno un programma radiofonico” per la Svizzera romancia. In altre parole, in Svizzera la televisione pubblica deve produrre trasmissioni non in una sola lingua nazionale – come è il caso nella maggior parte degli altri paesi europei – bensì in quattro.

Se in Svizzera vi fosse una sola lingua nazionale, il canone sarebbe di circa 270 franchi annui, stando a una ricerca del 2006Link esterno del Controllo federale delle finanze.

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