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Esportazioni record per l'industria bellica svizzera

Le esportazioni di materiale bellico prodotto in Svizzera sono cresciute del 43% l'anno scorso, raggiungendo quota 728 milioni di franchi.

Questo contenuto è stato pubblicato il 03 marzo 2020 - 14:41
tvsvizzera/ats/spal con RSI (TG del 3.3.2020)
Un blindato del tipo Leopard II testato a Thun. © Keystone / Peter Klaunzer


Lo ha reso noto la Segreteria di Stato dell'economia che ha sottolineato come questo risultato, al netto dell'inflazione, sia il secondo in assoluto da quasi 40 anni a questa parte - dopo quello fatto registrare nel 2011 (872 milioni) - per l'export elvetico di armamenti.

Le industrie svizzere hanno venduto armi, con l'autorizzazione di Berna, complessivamente in 71 paesi nel mondo, anche se le esportazioni si sono concentrate per tre quarti (73,3%) in Europa, in particolare in Danimarca (155,3 milioni di franchi), Germania (125,8 milioni) e Romania (111,8 milioni). Seguono distanziati, in questa speciale classifica, Bangladesh (55,2 milioni) e USA (38,5 milioni). 

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Nello specifico sono stati i blindati ad avere maggior successo sul mercato: la Danimarca ne ha acquistati per un valore corrispondente di 150 milioni di franchi e la Romania per 111 milioni. Sono state richieste anche le munizioni made in Switzerland (comprate per 68 milioni dalla Germania) e i sistemi di difesa antiaerea pagati 55 milioni dal Bangladesh.

Il Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE) ha criticato questi risultati, molto lusinghieri dal profilo economico, accusando la Svizzera di "alimentare" le guerre. In particolare è stato citato un rapporto di Amnesty International in cui viene sottolineato il fatto che siano state vendute armi in paesi nei quali "i diritti umani vengono violati in modo massiccio", come il Bangladesh, il Bahrain, l'Arabia Saudita e il Pakistan.

Altri sviluppi

Il GSsE ha anche colto l'occasione per ricordare la riuscita - le firme necessarie sono state raccolte in sei mesi - dell'iniziativa popolare contro le esportazioni di armi verso i Paesi in guerra civile, la cosiddetta "Iniziativa correttiva", che intende fissare nella Costituzione il diritto per parlamento e popolo di avere voce in capitolo nella vendita di materiale bellico. Attualmente tale competenza spetta esclusivamente al governo federale.

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