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Multinazionali non responsabili per le filiali

Le multinazionali svizzere non vanno ritenute responsabili per le attività delle società controllate con sede all'estero. Il controprogetto indirettoLink esterno a un'iniziativa popolare di questo tenore, approvato mercoledì dal Consiglio degli Stati, riconosce che le imprese hanno bisogno di regole sul rispetto dei diritti umani e delle norme ambientali, ma esclude che possano essere perseguite per l'operato delle filiali.

Questo contenuto è stato pubblicato il 18 dicembre 2019
tvsvizzera.it/ATS/ri con RSI (TG del 18.12.2019)
Il Consiglio degli Stati non ha voluto andare oltre le prescrizioni UE/ONU in materia. RSI-SWI

L'iniziativaLink esterno mira a obbligare le aziende con sede in Svizzera a verificare regolarmente le conseguenze delle proprie attività non solo nella Confederazione ma anche, e soprattutto, all'estero. Le imprese che non ottemperano all'obbligo sarebbero ritenute responsabili delle violazioni dei diritti umani e dei danni causati all'ambiente da parte di imprese che controllano, anche senza partecipare direttamente alle attività incriminate.

Il Consiglio degli Stati (camera alta del Parlamento elvetico) ha fatto invece propria una proposta del Consiglio federale (governo), secondo la quale le imprese saranno tenute a presentare rapporti periodici sul rispetto di diritti umani e ambiente, sul modello di una direttiva UE in materia.

L'obbligo di diligenza si limiterebbe ai settori "minerali provenienti da zone di conflitto" e "lavoro minorile" e quello di rendiconto contemplerebbe un campo d'applicazione meno esteso (vi rientrerebbero ad esempio solo le "società di interesse pubblico").

Esclusa la responsabilità

I "senatori" concordano sulla necessità di dare risposta non solo alle ong che sostengono l'iniziativa popolare, ma anche all'opinione pubblica, che è molto più sensibile d'un tempo al comportamento delle multinazionali. Non sono tutti d'accordo, però, sulla portata della Legge.

Aziende come Nestlé, leader mondiale nell'industria alimentare, e Glencore, attiva nel settore minerario, hanno fatto parlare di sé per scandali quali il lavoro minorile nelle piantagioni di cacao in Costa d'Avorio e l'inquinamento delle terre coltivate nella Repubblica democratica del Congo [immagine d'archivio]. Keystone / Legnan Koula


La camera alta si occupa di questo tema per la seconda volta (la prima, non era neppure entrata in materiaLink esterno) dopo che il Consiglio nazionale (camera bassa) si è pronunciato per un controprogetto che prevede anche una responsabilità limitata delle aziende [cronologia quiLink esterno].

Nel frattempo, i Paesi confinanti hanno adottato direttive proprie (Francia) o comunitarie (UE) in materia di responsabilità delle multinazionali all'estero.

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La sinistra si è battuta per prescrizioni più stringenti, invocando la reputazione della Svizzera e ricordando ciò che è accaduto col segreto bancario: Berna ha cercato di chiudere gli occhi ma alla fine ha dovuto cedere.

Si è imposta tuttavia la destra, che ha preferito una variante senza responsabilità (seppur limitata), poiché in nessuna legge dei Paesi vicini è prevista per le partecipazioni in società estere.

Non si è voluto, in sostanza, andare oltre le raccomandazioni adottate dall'UE e dall'ONU, per non nuocere alla piazza economica svizzera.



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E ora?

Il testo adottato dagli Stati ha minori possibilità di convincere i promotori dell'iniziativa a ritirare il loro testo, rispetto al controprogetto approvato dal Consiglio nazionale.

La camera bassa, alla quale tornerà ora il dossier, vuole che le imprese possano essere perseguite per le violazioni delle loro filiali, a meno che non siano in grado di dimostrare di aver rispettato il loro dovere di diligenza. 

Contrariamente all'iniziativa, tuttavia, i gruppi sarebbero responsabili solo per le società controllate direttamente e non per i fornitori.

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