Prima vittima illustre a Hong Kong
La nuova legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong ha preso di mira il magnate dell'editoria Jimmy Lai, tra le figure di maggior rilievo del fronte democratico di Hong Kong. L'uomo è stato arrestato lunedì mattina.
L'arresto di Lai, 72 anni, è stato eseguito poco dopo le 9 locali (le 3 in Svizzera) quando la polizia s'è presentata a casa sua con le contestazioni formali.
Allo stesso tempo, centinaia di agenti hanno perquisito la sede della holding di Lai, la Next Digital e dell'Apple Daily, tabloid schierato a favore delle proteste e contro Pechino che edita anche un'edizione a Taiwan. Un video sulle perquisizioni è stato fatto dai giornalisti e trasmesso in diretta su Facebook.
Anche due figli del magnate (uno per collusione con forze straniere e uno per frode) e quattro funzionari di Next Digital sono stati arrestati. "Jimmy Lai è stato arrestato per collusione con potenze straniere in questo momento", ha scritto su Twitter Mark Simon, un collega di Lai che è indicato dall'Oriental Daily come target di un mandato d'arresto per Simon, non eseguito perché al momento non a Hong Kong.
Lai è da tempo nel mirino per le sue attività pro democrazia, inserito più volte dai media di Pechino per il suo ruolo avuto nelle proteste pro democrazia dello scorso anno nella cosiddetta "Banda dei Quattro" di Hong Kong, rimandando ai quattro politici cinesi giudicati come "nemici del popolo" e condannati dopo la morte di Mao.
Il tycoon era stato già arrestato a febbraio con altre figure di primo piano del fronte democratico per la partecipazione alle manifestazioni non autorizzate. Nel 2019, ed è forse l'addebito più pesante, Lai partecipò a una missione negli Usa con altri attivisti di Hong Kong incontrando il segretario di Stato Mike Pompeo, il vice presidente Mike Pence e la speaker della Camera Nancy Pelosi.
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