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L'Aja impone misure per la difesa dei Rohingya

La Corte internazionale di giustizia dell'Aja (Cig) ha ordinato giovedì al Myanmar di prendere tutte le misure necessarie per evitare un eventuale genocidio nei confronti della minoranza musulmana dei Rohingya, che ottengono così una prima importante vittoria. 

Questo contenuto è stato pubblicato il 23 gennaio 2020 - 21:14
tvsvizzera.it/Zz/afp con RSI (Tg del 23.01.2020)
Il Myanmar ha violato la Convenzione contro il genocidio? La decisione finale dell'Aja è attesa solo fra qualche anno. Copyright 2020 The Associated Press. All Rights Reserved

Il Tribunale ha approvato una serie di misure urgenti richieste in novembre da 57 diversi paesi, in primis il Gambia, che accusa il Myanmar di aver violato la Convenzione delle Nazioni Unite contro il genocidio. Una decisione finale che stabilirà se tale crimine è stato commesso è attesa solo fra qualche anno.

Dal 2017 circa 740'000 Rohingya si sono rifugiati in Bangladesh per fuggire dai militari birmani e le milizie buddiste, presunti responsabili di atti qualificati come "genocidio" dagli inquirenti dell'Onu. Il numero di persone uccise nelle violenze non è noto, ma secondo diverse organizzazioni non governative sarebbe di diverse migliaia.

Il Myanmar "deve prendere tutte le misure in suo potere per prevenire ogni atto" contrario alla Convenzione, ha dichiarato Abdulqawi Ahmed Yusuf, giudice presidente della Corte.

Il Paese dovrà fornire un rapporto dettagliato su tutte le misure intraprese ogni quattro mesi, in seguito due volte all'anno.

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"Esagerazioni"

In un articolo pubblicato sul Financial Times, la leader birmana Aung San Suu Kyi ha dichiarato che i Rohingya hanno forse "esagerato" parlando degli abusi subiti, ma ha ammesso che un'inchiesta interna ha concluso che dei militari hanno effettivamente compiuto crimini di guerra.

"Il sistema di giustizia internazionale non è forse ancora in grado di filtrare le informazioni fuorvianti prima proiettare l'ombra dell'incriminazione nei confronti di governi e paesi", ha scritto.

Nel prossimo servizio, le considerazioni della corrispondente della Radiotelevisione svizzera.

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