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"Per colpa della pandemia, si aggiungono disastri a disastri"

La Croce Rossa italiana si è ritrovata velocemente al centro dell'emergenza di coronavirus. Keystone / Massimo Percossi

In occasione della Giornata mondiale della Croce Rossa, tvsvizzera.it ha discusso con Francesco Rocca, presidente della Federazione internazionale di Croce Rossa (IFRC) e della Croce Rossa Italiana.

Questo contenuto è stato pubblicato il 08 maggio 2021 - 10:00
Michele Novaga

Si celebra oggi, 8 maggio, la giornata mondiale della Croce Rossa, la più importante organizzazione umanitaria del mondo. Nata nel 1864 a Ginevra grazie all’intuito di Henry Dunant, oggi conta 192 società nazionali e quasi 20 milioni di volontari.  Ma in che cosa consiste l’impegno della Croce Rossa oggi? In quali ambiti è maggiormente impegnata? Lo abbiamo chiesto a Francesco Rocca, presidente della Federazione internazionale di Croce Rossa (IFRC) e della Croce Rossa Italiana.

tvsvizzera.it: Durante l'emergenza dovuta alla pandemia globale di Covid, la Croce Rossa si è attivata ovunque. Quale è stato il ruolo della Federazione e delle società nazionali? 

Francesco Rocca: La Croce Rossa nasce come elemento di supporto delle società nazionali e da subito la Federazione Internazionale ha fatto da collettore globale della solidarietà dei governi e dei grandi donatori e poi ha riversato sulle società nazionali gli aiuti che riceveva.

E in questo specifico doppio ruolo mi sono ritrovato anch’io, dato che l’Italia è stato il primo Paese a essere investito subito dopo la Cina. Abbiamo fatto anche un lavoro di scambio delle informazioni puntando sempre sull’importanza dell’attore globale e di quello che si può fare per rispondere ad un’emergenza, a un disastro o a una crisi. Le società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa si sono trovate al centro dando una buona prova di quello che dovrebbe essere il ruolo locale. Sono convinto che questa modalità di azione ci abbia posizionato a livello globale grazie anche alla fiducia dei governi. 

Francesco Rocca presiede la Federazione internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa dal novembre 2017. Ifrc

E nei paesi in cui ci sono ancora situazioni difficili come affrontate la forza della pandemia?

In India e Brasile, per esempio, dove il volume dei bisogni è enorme e non è facile riuscire a dare risposta a tutte le persone bisognose e in difficoltà, lavoriamo a supporto delle comunità e con il loro coinvolgimento e con l’utilizzo di buone prassi per contrastare la diffusione del virus. Attraverso il nostro appello globale cerchiamo di fornire supporto a loro e a tutte le società nazionali di quei paesi che maggiormente stanno vivendo le difficoltà con un contatto costante tra noi a Ginevra e loro sul campo.

Lei è anche presidente della Croce Rossa Italiana: come è avvenuta la trasformazione da una organizzazione storicamente concentrata sull’assistenza sanitaria a un ente che aiuta la popolazione anche dal punto di vista sociale?

Siamo passati da una attenzione tradizionale verso i bisogni sanitari, a una nuova frontiera come quella sociale in maniera più marcata rispetto a prima. Questa attività, nella quale comunque eravamo già impegnati, non è andata a pregiudicare l’attività sanitaria o la risposta ai disastri. 

Facciamo raccolte e distribuiamo voucher per l’acquisto di beni alimentari, assistiamo i senza fissa dimora e le categorie più fragili e l’attività è decisamente aumentata con la pandemia così come sono aumentati i nuovi poveri. Certo è che, per quanto cerchiamo di dare una risposta alle necessità, la domanda è ancora superiore all’offerta. E questa è una situazione che stanno vivendo Spagna e altri paesi occidentali e che le società nazionali di quei paesi -esattamente come la Croce Rossa Italiana - stanno fronteggiando. 

"Il livello delle donazioni è cresciuto, ma quello che ci preoccupa è che i donatori tradizionali hanno spostato il focus sulla pandemia."

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Come stanno rispondendo i donatori per sostenere questo sforzo? Sono aumentati i contributi nell'ultimo anno?

La risposta dei donatori è stata importante e i contributi devoluti sia alla Federazione che alle società nazionali sono aumentati. Complessivamente il livello delle donazioni è cresciuto, ma quello che ci preoccupa è che i donatori tradizionali hanno spostato il focus sulla pandemia e rimangono molte le crisi umanitarie nel mondo che non sono finanziate a sufficienza. Questa è una delle maggiori preoccupazioni che abbiamo per il futuro. 

Dicevamo che le emergenze umanitarie ancor in corso nel mondo sono molte. Quale deve essere il ruolo della comunità internazionale?

Il punto è che, anche per colpa della pandemia, si aggiungono disastri a disastri. L’esempio è la situazione in Tigray, in Etiopia dove sono stato di recente. Lì c’è una carestia, c’è stata l’invasione delle locuste, c’è un conflitto in corso e naturalmente la pandemia. In una situazione straziante e complicata come questa, sotto il profilo dei bisogni umanitari la Federazione e la Croce Rossa etiope fanno quello che possono al massimo delle loro capacità. Ma i bisogni sono così tanti che soltanto una comunità internazionale responsabile può alleggerire la pressione su chi ne viene colpito e ne paga il prezzo.

Il vostro lavoro si concentra anche sull'assistenza e protezione ai profughi: cosa succede a quelli bloccati in Siria, Turchia, Bosnia che vogliono andare in Europa? In questi luoghi come stanno lavorando le diverse società nazionali di Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa?

In Turchia abbiamo un programma finanziato dalla UE che è probabilmente il più importante del mondo sotto il profilo economico per quanto riguarda l’assistenza ai profughi. In Bosnia la società nazionale bosniaca con il supporto della Federazione e della Croce Rossa Italiana ha una presenza importante. Su questo argomento è importante che ci sia un approccio diverso perché il Covid ha fatto da acceleratore negativo incattivendo le politiche che riguardano le migrazioni e i richiedenti asilo. Ed è proprio nelle aree in cui i rifugiati vengono confinati e costretti a vivere in sovraffollamento che si sviluppano i focolai di Covid. Per questo è prioritario che ci sia l’accesso al vaccino soprattutto per le persone più fragili come i migranti e i rifugiati.

"È prioritario che ci sia l’accesso al vaccino soprattutto per le persone più fragili come i migranti e i rifugiati."

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Nonostante lo schema COVAX, i vaccini sono ancora rari nei paesi in via di sviluppo. L’IFRC può esercitare pressioni sui governi occidentali attraverso le sue società nazionali per migliorare la distribuzione dei vaccini alle nazioni povere?

Sì, e noi lo stiamo facendo attraverso appelli. Nel caso dei vaccini il problema è quello dei brevetti industriali perché, per quanto possa essere generoso l’approccio di un singolo paese, qui si parla di un bisogno mondiale. Il meccanismo Covax, che aveva una finalità precisa e cioè quella di dare una risposta soprattutto agli operatori sanitari impegnati in prima linea, stava già andando a rilento e sapevamo bene che non bastava. Noi stiamo cercando di fare sentire la nostra voce. 

Proprio pochi giorni fa ho incontrato la direttrice del WTO Ngozi Okonjo-Iweala e le ho fatto presente quanto sia importante alleggerire i blocchi sulla trasferibilità dei brevetti dei vaccini. 

Negli ultimi 157 anni la Croce Rossa si è impegnata per assistere le popolazioni del mondo. Come evolverà o cambierà il vostro lavoro a sostegno della popolazione nei prossimi decenni anche con lo Strategy plan 2030?
 
In un certo senso siamo stati cattivi profeti perché quando abbiamo adottato lo Strategy plan 2030, nel dicembre del 2019, sapevamo che c’era il rischio accresciuto di pandemie e avevamo elaborato una risoluzione che riguardava proprio il ruolo della Croce Rossa nell’affrontarle. 

Nel piano insistiamo sul ruolo delle comunità, sulla la capacità di anticipare e mitigare i disastri naturali e le conseguenze sulle popolazioni. Negli anni siamo passati da una Croce Rossa svizzero-centrica a una Croce Rossa composta da 192 società nazionali molte delle quali stanno crescendo in termini di capacità. 

Io utilizzo spesso una metafora per dire che la Croce Rossa è una famiglia il cui padre è il Comitato internazionale (che mantiene il suo ruolo prezioso di neutralità nei conflitti internazionali tra Stati) la madre la Federazione e le società nazionali sono i figli che stanno crescendo e sui quali bisogna investire. La sfida è saper lavorare bene a livello comunitario e avere la capacità di dare risposta fornendo aiuto e supporto a livello locale forti del bagaglio di esperienze maturate in questi 157 anni di storia affinché i figli possano mettere a disposizione delle comunità il loro sapere. 
 

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