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Genova, la storia di due locali ai confini della zona rossa

Maracaibo e San Francesco, storie parallele di due esercizi pubblici genovesi, uno aperto l'11 agosto 2018 e l'altro attivo da 50 anni, che ora sono nella zona rossa. Storie di resistenza umana.

Questo contenuto è stato pubblicato il 14 aprile 2019 - 15:55
Massimo Lauria, RSI News


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A oltre sei mesi dal crollo del ponte Morandi a Genova, l'impatto sull'economia della città è pesante. L'Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro conferma che sono 422 i milioni di euro di danni richiesti dalle aziende coinvolte dall'evento.

Qualcuno non riaprirà più, mentre per altri sarà il tempo a dirlo. Tutto dipende da come sarà ripensato il quartiere una volta demoliti gli oltre 900 metri del viadotto rimasto in piedi. Già oggi l'area ha visto l'allontanamento forzato di quasi 600 persone. Uno svuotamento che incide sui consumi della zona. Ma gli effetti si sentono ben al di là dell'epicentro del crollo, investendo aziende a nord e a sud del ponte.

Tra i settori maggiormente colpiti c'è il commercio, a cui seguono l'industria e i trasporti. Entrare e uscire dal porto è diventato più difficile e costoso. Per attraversare Genova da Levante a Ponente il percorso si è allungato di circa 120 chilometri, poco meno in senso contrario. Ma a volte, per la crisi, bastano pochi metri.

Storie parallele

E noi abbiamo incontrato i gestori due due locali dalla storia opposta legate però dal ponte. Uno porta avanti la pizzeria San Francesco, aperta nel 1972 e l'altra il Maracaibo, un locale con specialità venezuelane che è stato aperto alcuni giorni prima del crollo del ponte Morandi. E anche qui il caso forse non sempre c'entra... uno dei simboli di Maracaibo, città venezuelana, è proprio un ponte simile a quello crollato a Genova costruito da Morandi...



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