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In Svizzera il tesoro di Messina-Denaro?

Intervista a Vincenzo Macrì. Il procuratore generale della Corte di Appello di Ancona parla anche di come le cosche della 'Ndrangheta siano radicate in territorio elvetico.

Questo contenuto è stato pubblicato il 10 ottobre 2016 - 12:04

Filippo Barreca, Giacomo Lauro, Francesco Fonti e altri importanti collaboratori di giustizia hanno confermato la presenza di cosche della 'ndrangheta in territorio svizzero

D'altronde essendo la Svizzera un tradizionale luogo di riciclaggio di soldi derivanti da attività illecite - dall'estorsione al traffico di droga - è naturale che diventasse, prima o poi, una sede stabile di cosche della 'ndrangheta". Vincenzo Macrì, procuratore generale della Corte di Appello di Ancona, e già procuratore aggiunto antimafia, non ha dubbi "che la 'ndrangheta sia radicata in territorio elvetico. E' palese. E lo dimostrano le inchieste".

Per anni Vincenzo Macrì ha vissuto e lavorato in Calabria dove ha istruito i più importanti processi contro le cosche. Anche l'inchiesta Olimpia, la prima su 'ndrangheta e politica. "Nelle indagini di Olimpia compare anche Cosa Nuova, una nuova struttura associativa, proiettata all'esterno, con collegamenti sia con le altre mafie, soprattutto la siciliana, sia con altri poteri occulti come massoneria, politica e servizi segreti".

Intanto la procura di Palermo indaga su logge massoniche siciliane che proteggerebbero la latitanza di Matteo Messina Denaro. "La primula rossa in Calabria? Può essere, già negli anni '80 si parlò della latitanza di Totò Riina ad Africo, ospite del sacerdote Giovanni Stilo". Perché il capo di Cosa Nostra dall'Italia potrebbe non essersi mai mosso. In Svizzera sono stati intercettati alcuni fedelissimi del boss. Non ancora i suoi conti correnti. "E potrebbero esserci visto che decine, se non centinaia di italiani hanno portato i propri soldi in Svizzera. Soprattutto quelli ricavati con attività illecite. Lo ha fatto anche Matteo Messina Denaro".

Raffaella Fanelli

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