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Storie sul confine

Caro frontaliere, ti ospito io!

Attraversare il confine tra Italia e Svizzera è diventato più difficile a causa delle misure per frenare la diffusione del nuovo coronavirus. In Ticino molte persone hanno messo gratuitamente a disposizione alloggi al personale sanitario frontaliere.

Questo contenuto è stato pubblicato il 13 marzo 2020 - 08:30
Questo tipo di annunci si è moltiplicato in pochi giorni su Facebook. Facebook

Sabato 7 marzo, sera. "La Lombardia è 'zona rossa'. Non si entra e non si esce", martellavano alcuni media prima ancora che la notizia fosse ufficiale.

La preoccupazione, in questo periodo di incertezza epidemica, si è propagata nel giro di pochi minuti anche nel cantone Ticino. Una delle prime domande che ci si è posti è stata: "Come faremo, ora, a far funzionare i nostri ospedali?"

Si passa oppure no?

Le frontiere non sono sbarrate per i frontalieri, ma attraversare il confine è diventato più difficile.

Al momento della pubblicazione di questo articolo, i valichi minori del cantone sono chiusi e, anche a causa dei controlli più severi, alle dogane rimaste aperte si formano code chilometriche. 

La situazione inoltre muta velocemente e non è escluso che gli spostamenti possano diventare ancora più problematici.

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Dei quasi 70'000 lavoratori frontalieri che quotidianamente si recano in Ticino per lavoro, più di 4'000 sono infatti impiegati nel settore sanitario.

È risaputo che lo scopo delle misure imposte dall'autorità per arginare la diffusione del nuovo coronavirus è quello di ridurre la pressione sulle strutture di cura e proteggere i più vulnerabili, anziani e malati. Sarebbe stata un'amara ironia se, proprio a causa di queste misure, molti medici e infermieri fossero impossibilitati a recarsi al lavoro.

Oltre le polemiche

Fin da subito, su Facebook, dove ultimamente sembra che la gente passi il tempo a puntare il dito contro le decisioni dell'autorità ("tardive", "esagerate" o "sbagliate") o contro presunti "untori", c'è stato chi ha deciso di tendere una mano (disinfettata).

"Metto a disposizione alloggio gratuito per personale medico/infermieristico frontaliere che deve fermarsi nel nostro cantone". Questo è solo uno dei moltissimi post che dei residenti in Ticino hanno pubblicato sul social network a partire dallo scorso fine settimana.

Tra di loro troviamo Nevia Elezovic, che ha creato il gruppo Facebook "C'è posto per teLink esterno", una delle pagine dove vengono raccolte queste offerte di alloggio. 

"Comunque si sviluppi questa situazione, io sento che voglio far parte della soluzione e non del problema", ha detto a tvsvizzera.it, "e se io ho questa esigenza, chissà che non ci siano altre persone come me. Mi sono confrontata con un amico e, soprattutto, con mia mamma -che è pure infermiera in una casa per anziani- e la decisione è stata semplice: offriamo quello che abbiamo. E quello che abbiamo è una casa".

La creazione di un gruppo su Facebook, ci spiega, permette di risolvere in parte il problema della dispersività. "Ora dobbiamo solo far sì che il messaggio arrivi dove deve arrivare", aggiunge.

La Svizzera deve darsi una "sbrigata"

L'iniziativa sembra essere efficace. Il gruppo è stato creato mercoledì e in meno di 24 ore vi sono state pubblicate circa 50 offerte d'alloggio. 

Tra queste anche quelle di chi, normalmente, dall'ospitare persone trae profitto.

"Io sono veneziana e mi sono domandata se non era forse il caso, in questa mia seconda casa d'adozione, la Svizzera, di dare una mano nel mio piccolo", ci dice Carla Giusto, titolare del B&B Villa Artè di Locarno, dove ha messo a disposizione tre stanze.  

"Vedendo quello che sta succedendo in Veneto ho l'impressione che in Svizzera siamo un po' in ritardo. Spero che si diano una 'sbrigata' perché non è proprio una passeggiata questa storia. Ma credo che se ognuno farà la propria parte, comportandosi con attenzione in maniera corretta, ce la faremo. Tutto qua."

Un segnale di gratitudine nei confronti dei frontalieri che danno il loro prezioso contributo alla sanità del cantone, soprattutto in un momento come questo, quando al personale sanitario è richiesto un ancor maggior impegno di tempo ed energie.

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