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USA via dal Consiglio dei diritti umani, una decisione "triste"

Gli Stati Uniti hanno annunciato la loro uscita dal Consiglio dei diritti Umani dell'Onu, che ha sede a Ginevra, in segno di protesta per l'atteggiamento nei confronti di Israele. La Svizzera "si rammarica" della decisione, mentre l'ex ministra degli esteri elvetica Micheline Calmy-Rey definisce "triste vedere il presidente americano condurre una politica contraria alla cooperazione internazionale".

Questo contenuto è stato pubblicato il 20 giugno 2018 - 13:34
tvsvizzera.it/Zz/ats con RSI (TG del 20.06.2018)

 

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A dare l'annuncio sono l'ambasciatrice americana all'Onu, Nikki Haley, e il segretario di Stato, Mike Pompeo.

Il Consiglio dei diritti umani dell'OnuLink esterno è un'organizzazione che "non è degna del suo nome", ha tuonato Haley, sottolineando che l'organo delle Nazioni Unite è diventato "protettore di chi viola i diritti umani e un pozzo nero di pregiudizi politici".

L'ambasciatrice ha criticato in particolare la fissazione del Consiglio nei confronti di Israele, ma anche l'ammissione tra i suoi membri della Repubblica Democratica del Congo, così come "l'incapacità" di affrontare le violazioni dei diritti umani in Venezuela e in Iran.

Il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite si riunisce tre volte all'anno per esaminare le violazioni dei diritti umani nel mondo. Segnala le infrazioni, promuove l’assistenza, aggiorna la documentazione sulla situazione negli Stati, opera per prevenire le violazioni, fa fronte alle emergenze e si pone come forum internazionale di dialogo.

Le sue risoluzioni non sono giuridicamente vincolanti.

Creato nel 2006, gli Stati Uniti di George W. Bush non hanno voluto farne parte, ma le cose sono cambiate con Barack Obama e il paese è stato eletto tra i 47 membri del Consiglio nel 2009. Ha poi svolto due mandati di tre anni (il massimo concesso). Dopo un anno di pausa, gli USA sono stati rieletti per un terzo mandato nel 2016.   

Uno degli aspetti più criticati del Consiglio è l'"Item 7", il settimo punto sempre all'ordine del giorno durante le riunioni. Esso riguarda gli interventi in Cisgiordania da parte di Israele, facendo di quest'ultimo l'unico paese al quale è specificatamente dedicato un oggetto dell'agenda.

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Svizzera "rammaricata"

La Svizzera "si rammarica" della decisione degli Stati Uniti di ritirarsi dal Consiglio. Per la Confederazione si tratta di "un organo fondamentale nella promozione e nella protezione dell'insieme dei diritti umani", si legge in una nota Link esternoDipartimento federale degli affari esteri (Dfae).

Il Consiglio - prosegue il comunicato - ha "un impatto tangibile sul terreno, in particolare per "l'invio di missioni di verifica dei fatti e di commissioni d'inchiesta" in occasione "di situazioni preoccupanti". Esso "svolge anche un ruolo importante nello sviluppo del quadro normativo".

Viene poi sottolineato che la Svizzera rimane impegnata, quale membro e Stato ospite, in favore di un Consiglio dei diritti umani "robusto" ed è "convinta che una partecipazione attiva degli Stati Uniti abbia un effetto positivo sulla situazione dei diritti dell'uomo nel mondo". 

Berna "rispetta tuttavia la decisione sovrana degli Stati Uniti" e manterrà la propria collaborazione con gli USA in fatto di diritti umani, conclude la nota.

"Una decisione opposta alla cooperazione internazionale"

L'ex ministra degli esteri elvetica Micheline Calmy-Rey, che nel 2004 aveva presentato il concetto stesso del Consiglio dei diritti Umani, interpellata dalla Radiotelevisione svizzero-franceseLink esterno non si è mostrata sorpresa della decisione che si iscrive "nella continuità della politica di Donald Trump che ha già polverizzato diversi accordi internazionali". La lista è lunga, dice, citando per esempio l'accordo sul nucleare iraniano, quello sul clima di Parigi o il trattato di libero scambio trans-Pacifico.

Le accuse statunitensi al organismo dell'Onu, comunque, non sono nuove e lo fa notare anche l'ex responsabile del Dfae, la quale ha dichiarato che "il Consiglio è perfezionabile, anche dal punto di vista della critica sistematica a Israele".

Tuttavia, secondo Calmy-Rey, il ritiro non è affatto una buona notizia. "È un peccato, un attacco alla credibilità del Consiglio in seno al quale gli Usa avrebbero qualcosa da dire. Oggi i diritti umani sono mal rispettati, ed è triste vedere il presidente degli Stati Uniti condurre una politica opposta al multilateralismo e alla cooperazione internazionale."

"Non è scontato che la decisione porterà a riforme in seno all'Onu. Anzi, potrebbe portare al dominio globale da parte di uomini e Stati potenti, e da questo un paese come la Svizzera non avrebbe nulla da guadagnare". 

Gli Stati Uniti erano a metà di un mandato di tre anni in seno la Consiglio dei diritti umani, basato a Ginevra. Keystone


Poche lodi, molte critiche

Il premier israeliano ha lodato la decisione statunitense definendola "coraggiosa". Molti altri paesi, invece, hanno criticato la misura. Tra questi la Russia, la Cina, l'Arabia Saudita, il Venezuela, il Regno Unito e i Paesi Bassi.

Per l'Unione Europea il ritiro "minaccia il ruolo degli Stati Uniti come campione e sostenitore della democrazia nel mondo". 

Human Rights WatchLink esterno ha sottolineato che il Consiglio ha dei difetti, tra i quali "includere paesi che violano i diritti umani come Cina, Arabia Saudita e Venezuela". Ma il ritiro rappresenta comunque una "sconfitta auto-inflitta" per gli Stati Uniti e rischia di dare più possibilità, ad esempio alla Cina, "di compromettere i meccanismi delle Nazioni Unite per la difesa dei diritti umani".

Un momento critico

Il ritiro dall'organismo Onu arriva proprio mentre il rispetto dei diritti umani al confine tra Messico e USA è messo in causa dall'opinione pubblica e dalla politica. 

Le immagini delle conseguenze delle controverse leggi statunitensi sull'immigrazione, che permettono che i figli dei migranti vengano drammaticamente separati dai loro genitori, hanno infatti scatenato proteste in tutto il paese.

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