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Meglio Allegri che super

Ansa

di Massimo Donelli

Questo contenuto è stato pubblicato il 19 maggio 2015 - 10:44

Nell'epoca del divismo, dell'uomo solo al comando, del ghe pensi miLink esterno, la figura di Massimiliano AllegriLink esterno dovrebbe essere un esempio per molti, se non per tutti.

Livornese, 47 anni, un passato discreto come calciatoreLink esterno, un percorso brillanteLink esterno da allenatore, Massimiliano è arrivato alla guida della JuventusLink esterno all'improvviso e tra la sorpresa generaleLink esterno.

È successo il 15 luglio del 2014, quando la squadra era da un giorno in ritiro pre-campionato.

Le improvvise e misteriose (e mai davvero spiegate) dimissioniLink esterno di Antonio ConteLink esterno, 45 anni, leccese, considerato da tutti l'unico artefice della rinascita bianconera (e ritenuto insostituibile), hanno spalancato le porte del club più solido d'Italia a un tecnico di ben altro stile e, oltretutto, fresco di licenziamento dal MilanLink esterno.

Fisico asciutto, aplomb che certo non dispiace alla famiglia Agnelli, marcato accento toscano, modi garbati in campo e fuori, calma olimpica, Allegri è l'esatto opposto dell'indemoniato e incazzoso Conte. Così i tifosi lo hanno accolto il 16 luglio 2014 con disperazione, ironia, polemicheLink esterno, convinti che tolto Antonio e messo Massimiliano la Juve sarebbe precipitata nell'anonimato. Insomma, hanno vissuto quella di Allegri come una scelta di ripiegoLink esterno, da ultima ora. E si sono sentiti traditiLink esterno.

I fatti hanno smentito le cassandre, ridisegnato i perimetri dei meriti e delle colpe, permesso al presidente Andrea AgnelliLink esterno e all'amministratore delegato Beppe MarottaLink esterno di dimostrare che sì, Conte sarà pure bravissimo, ma qualche merito nei suoi successi lo ha avuto anche la società, o no?

Perché qui sta il punto.

Se tu hai una buona organizzazione manageriale alle spalle, se c'è chi ti garantisce sul mercato il meglio dei calciatori, se tutto a livello strutturale gira con la precisione di un orologio svizzero e, se, perdipiù, hai una tifoseria indemoniata in uno stadio tutto tuo, beh gli applausi vanno condivisi, vi pare?

Conte se n'è andato in modalità après moi le délugeLink esterno. E non è stato elegante parlando della sua vecchia squadraLink esterno nella sua nuova veste di commissario tecnicoLink esterno della NazionaleLink esterno.

Allegri, che pure è toscano, quindi polemico e fumino, ha incassato in silenzio e risposto alle parole con i fatti.

Meglio, con i risultati.

Prima, con largo anticipo sulla fine del campionato, ha vinto lo scudettoLink esterno. Poi ha portato la Juventus alla finale di ChampionsLink esterno contro il BarcellonaLink esterno che si giocherà all'OlympiastadionLink esterno di Berlino sabato 6 giugno.

Mica pizza e fichi... Anzi, molto meglio del suo predecessore!

In questo modo l'allenatore ha fatto un regalo a se stesso, ai giocatori, alla societàLink esterno e, naturalmente, ai tifosi. Tutto ciò mentre il suo vecchio club, il Milan, toccava il fondoLink esterno.

Capito Massimiliano?

Pacatezza, gioco di squadra, umiltà, stile, nessuna ridondanza.

Ci vorrebbe in politica, uno così.

Perché da un superpremier (Silvio BerlusconiLink esterno) a un supertecnico (Mario MontiLink esterno) a un altro superpremier (Matteo RenziLink esterno) qui di super c'è solo la crisi. E il gioco di squadra laggiù a Roma nessuno sa più che cos'è.

Con i risultati che, appunto, ne conseguono…

Segui @massimodonelliLink esterno

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