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Con Grande Nord torna di moda il federalismo fiscale

Tornare a battersi per il federalismo (soprattutto fiscale) contro lo Stato che soffoca l’imprenditoria settentrionale.

Questo contenuto è stato pubblicato il 01 luglio 2017 - 18:02
tvsvizzera

È la stella polare di Grande Nord, il nuovo movimento - presentato ufficialmente lo scorso 27 maggio all’Hotel dei Cavalieri a Milano - che intende farsi portavoce del mondo produttivo della Padania restato senza rappresentanza politica dopo la svolta nazional-sovranista della Lega.

Tra i promotori due vecchie conoscenze dell’autonomismo settentrionale: Marco Reguzzoni, già strettissimo collaboratore di Umberto Bossi ed ex capogruppo della Lega Nord a Montecitorio, e Roberto Bernardelli, imprenditore alberghiero milanese ed ex deputato del Carroccio, noto alle cronache per la vicenda del tanko (l’inchiesta sul trattore trasformato in veicolo militare da un gruppo di “serenissimi”).

Ma il nuovo soggetto politico, che intende partecipare ai prossimi appuntamenti elettorali (regionali e politiche del prossimo anno) si rivolge soprattutto ai ceti moderati e vuole occupare il centro dello schieramento politico. Per questo motivo, come ci ha precisato nell’intervista Marco Reguzzoni, rifugge dalle semplificazioni e dalle campagne d’odio contro gli immigrati care a una certa destra.

“Il problema non sono i migranti”, asserisce il promotore del progetto politico, ma l’economia penalizzata da uno Stato accentratore di risorse e dai professionisti della politica. Quindi Grande Nord lotterà per la giustizia fiscale e il federalismo, possibili solo in uno Stato realmente liberale.

E la Lega? La svolta sovranista e antieuropea impressa da Matteo Salvini, su cui hanno storto il naso molti militanti di stretta osservanza bossiana, ha prodotto - indica sempre Marco Reguzzoni - ricette socialiste in economia e nazional-centraliste in politica. In un certo senso quindi Grande Nord si prefigge di tornare alle origini del movimento padano e riproporre la questione settentrionale. “È la Lega che ha cambiato posizione, non noi”, afferma con un certo orgoglio l’ex capogruppo alla Camera.

Un progetto che, secondo i bene informati, sembra interessare anche allo stesso fondatore del Carroccio Umberto Bossi, relegato da un po’ di tempo in un ruolo marginale all’interno del suo partito. Del resto il Senatur, pur non prendendo la parola, era in prima fila alla Convention dell’Hotel dei Cavalieri.   

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