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Ilaria Alpi, dopo 21 anni la nebbia non si dirada

Intervista con l'uomo condannato per l'omicidio della giornalista, ritenuto innocente anche dalla stessa madre della Alpi

Questo contenuto è stato pubblicato il 20 marzo 2015 - 10:35

di Raffaella Fanelli

"Vent'anni di lotta e di inchieste per conoscere la verità. Per dare un nome ai mandanti dell'omicidio di Ilaria e Miran. Con amarezza dico che è stato tutto inutile. Perché chi ha ordinato la morte di mia figlia non avrà mai un processo".

Intervistare Luciana Alpi sembra quasi una violenza, un rigirare il coltello nella piaga di un dolore straziante che gli anni non hanno affievolito. Era un domenica. Era il 20 marzo del 1994 quando a Mogadiscio, in Somalia, la giornalista inviata del Tg3 Ilaria Alpi morì in un agguato insieme al suo operatore Miran Hrovatin. Un commando di sette uomini armati sbarrò la strada all'auto con a bordo i due italiani. L'autista e la guardia del corpo rimasero illesi.

"Perché fu un'esecuzione", dice la madre della giornalista. "E l'ordine di uccidere partì dall'Italia. Da chi voleva fermare l'inchiesta di mia figlia su un traffico di armi e di rifiuti tossici tra Italia e Somalia. Hashi Omar Hassan, l'unico condannato per l'assassinio di mia figlia Ilaria, è innocente. Non c'entra niente in questa storia. Vorrei la verità anche per lui".

Un'innocenza di recente sostenuta anche dalla testimonianza del principale accusatore di Hassan, il somalo Ahmed Ali Rage, da tutti conosciuto con il nome di Jelle. A distanza di vent'anni il supertestimone ha raccontato che non era presente sul luogo dell'agguato, che Hashi Omar Hassan è in carcere ingiustamente. Che lui avrebbe depistato le indagini sul caso Alpi-Hrovatin perché "gli italiani volevano chiudere in fretta". In cambio delle false accuse Jelle dice di aver ottenuto un visto e l'uscita dalla Somalia.

"Sono spariti tre block notes di mia figlia, la sua macchina fotografica, e parte delle immagini girate da Miran… prima di essere uccisi avevano incontrato il sultano di Bosaso. Ricordo che nella sua deposizione davanti alla commissione parlamentare il sultano disse di essere stato intervistato per quasi tre ore da Ilaria e Miran. Eppure il nastro ritrovato contiene solo 25 minuti di video e nessuno ha saputo spiegarne il motivo.

Con le rivelazioni di Jelle il depistaggio istituzionale è evidente... mi auguro solo che Omar Hashi Hassan sia scarcerato al più presto e che almeno lui possa riabbracciare sua madre e suo padre. Alla mia Ilaria non l'hanno permesso".

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