Il WWF punta il dito contro l'agricoltura elvetica
Una campagna del WWF chiama in causa il settore agroalimentare elvetico e l’Unione dei contadini risponde: “La nostra produzione è rispettosa dell’ambiente”.
Salvare il clima, mangiando meno carne: è il credo del WWF, che nella sua ultima campagna invita tutti a consumare meno prodotti animali. Un tema che non è nuovo, ma è nuova la scelta dell’organizzazione, che ha deciso di puntare il dito contro il settore agroalimentare indigeno.
L'Unione svizzera dei contadini ha già replicato: la produzione di carne, in Svizzera, avviene in modo molto rispettoso dell'ambiente, dicono.
“La produzione di carne è una fonte importante di emissioni di gas ad effetto serra in Svizzera. Se vogliamo ridurre drasticamente le emissioni nocive, è inevitabile affrontare questo aspetto. Dobbiamo trovare delle soluzioni, il margine di miglioramento è grande, e ognuno può metterci del suo”, spiega Damian Oettli, responsabile dei mercati presso WWF Svizzera.
La “responsabilità”, però, sottolinea la portavoce dell’Unione svizzera dei contadini Sandra Helfenstein, è del consumatore: “Non spetta a noi dire alla gente cosa mangiare. La produzione agricola si orienta alla domanda. Se la gente consuma meno carne, noi ne produciamo anche di meno: vedo però molto potenziale nel modo di consumare carne. Invece dei pezzi più pregiati, si potrebbero mangiare anche altre parti. Così si risparmiano risorse”.
L'Unione, inoltre, sottolinea che in molti luoghi della Svizzera, l'allevamento è l'unica soluzione: “In Svizzera l'allevamento - e quindi anche la produzione di carne - sono settori compatibili con il territorio. Abbiamo grandi superfici, in collina e montagna, in cui cresce solo erba. Non possiamo coltivare nulla che nutra l'uomo. Senza l'allevamento perderemmo molta produzione indigena, e dovremmo importare di più”.
“Non vogliamo attaccare il mondo contadino”, ribadisce Oettli. “Cerchiamo soluzioni in accordo con tutti i partner. Dobbiamo togliere l'accento dalla produzione di carne, e forse fra 5 o 10 anni avremo un'agricoltura con molti meno capi di bestiame”.
La discussione, insomma, va in direzioni diverse a dipendenza degli interlocutori, ma la parola finale, per una questione di domanda e offerta, spetta alle consumatrici e ai consumatori, cui si rivolge la campagna dell’organizzazione ambientalista.
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