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Il dumping salariale persiste in certi settori in Svizzera

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Questo contenuto è stato pubblicato il 12 maggio 2017 - 08:25
tvsvizzera/spal con RSI (TG dell'11.5.2017)

Il dumping salariale continua ad essere un problema in Svizzera, soprattutto nei settori non regolati da contrattazione collettiva, secondo quanto emerge dall’analisi svolta dalla Segreteria di Stato dell’economia (SECO) da cui si evince un leggero aumento degli abusi sia per le imprese rossocrociate che tra i lavoratori distaccati.

Nel 2016 è stato infatti riscontratoLink esterno tra lavoratori soggetti a notifica per non più di 90 giorni all’anno (i padroncini e i distaccati) un tasso di infrazione del 25%, proporzione che scende al 12% nelle imprese elvetiche che assumono manodopera nei paesi Ue. 

Inoltre il 6% degli autonomi provenienti dall’estero che hanno subito una verifica sono sospettati di svolgere un’attività dipendente.

Ma per Boris Zürcher, responsabile della direzione lavoro della SECO, non c’è una correlazione diretta tra numero di abusi in seguito ai controlli e dumping e nella loro globalità le misure prese per arginare gli effetti negativi sul piano sociale della libera circolazione funzionano.

La strategia delle ispezione delle commissioni paritetiche e tripartite cantonali, sottolinea la SECO, si è affinata in questi anni e va a colpire ora ambiti sensibili dove si può annidare più facilmente il dumping.

Non a caso il maggior numero di verifiche viene effettuato in Ticino, seguito da Zurigo e Ginevra mentre i settori passati al setaccio sono soprattutto edilizia, industria manifatturiera e settore turistico-alberghiero.

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