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Salvini in Libia propone degli hotspot

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Questo contenuto è stato pubblicato il 25 giugno 2018 - 21:53

Il ministro dell'interno italiano si è recato lunedì a Tripoli per discutere di migrazione. Salvini intende proporre a Bruxelles di creare degli hotspot "ai confini sud" del paese. Un'idea che Tripoli respinge.

Tra le proposte sul tavolo durante il vertice dell'Unione Europea in programma giovedì a Bruxelles, vi sarà anche quella di Matteo Salvini di creare dei "centri d'accoglienza e di identificazione ai confini sud della Libia".

Lo ha annunciato lunedì il ministro dell'interno italiano durante una conferenza stampa a Tripoli, assieme al vicepremier libico del Governo di unità nazionale Ahmed Maitig. Dopo il suo incontro con le autorità libiche, Salvini ha ribadito che la nave battente bandiera tedesca Lifeline non otterrà il permesso di attraccare nei porti italiani. A bordo della nave si trovano 234 migranti.

Gli ultimi sviluppi suscitano una certa inquietudine anche in Svizzera. La ministra di giustizia e polizia Simonetta Sommaruga, intervistata dalla Radiotelevisione svizzera, si è detta "preoccupata soprattutto per i rifugiati, che hanno bisogno di protezione": 

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Per quanto concerne gli hotspot, Salvini non ha però precisato in quale paese dovrebbero sorgere questi centri. Maitig ha da parte sua escluso "categoricamente" che simili campi siano installati sul territorio libico.

Un'idea non nuova

L'idea di Salvini non è per nulla nuova. Di questi hotspot al di fuori dei confini europei – che dovrebbero fungere appunto da centri dove accogliere i migranti e esaminare eventuali richieste d'asilo – si parla già da una quindicina d'anni. Finora però sono rimasti un miraggio. Soprattutto in Libia, dove non vi è nessuna garanzia di sicurezza.

E gli altri paesi dell'Africa del Nord non sembrano per ora disposti ad aprirne. In una recente conferenza sulla sicurezza in Africa organizzata a Rabat, in Marocco, questa proposta è stata respinta dalla maggior parte dei partecipanti, sia civili che militari, stando a quanto riportato dal giornale svizzero francese Le Temps.

"Un hotspot ha senso solo se si hanno i mezzi di rinviare i richiedenti l'asilo respinti e se i paesi d'origine sono associati all'iniziativa", ha dichiarato Abdelhak Bassour, ex responsabile della polizia delle frontiere marocchina, citato da Le Temps. "Altrimenti quale sarà il risultato? Una crescita della collera della popolazione locale nei confronti di questi poliziotti europei venuti a 'selezionare' i migranti e a nuovi tentativi di passaggio di persone respinte".


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