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L'ombra dello scontro USA-Iran sul voto iracheno

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Questo contenuto è stato pubblicato il 12 maggio 2018 - 18:26
tvsvizzera/spal con RSI (TG del 12.5.2018)

In tutto l'Iraq oggi si sono svolte oggi le operazioni di voto per le quarte elezioni legislative dalla caduta del regime di Saddam Hussein avvenuto 15 anni fa.

Sono ben 88 le liste che si contendono i 329 seggi parlamentari, di cui nove riservati alle minoranze religiose non islamiche. Anche se alla fine la maggioranza sarà di nuovo appannaggio della comunità sciita, il panorama si presenterà sicuramente frastagliato e suddiviso tra gruppi religiosi ed etnici in contrapposizione tra loro (sciiti e sunniti, arabi e curdi). Ma spaccature importanti si delineano anche all'interno dello stesso campo sciita, come testimoniano le vicende degli ultimi anni.

Ad aggravare la situazione ci sono poi i ribelli che fanno capo all'Isis: lo Stato Islamico è stato sconfitto ma numerose cellule sono ancora attive, come testimonia l'omicidio recente di tre candidati da parte dei jihadisti. Il premier uscente Haidar al Abadi, che è stato perquisito all'ingresso del seggio in cui era andato a votare a Baghdad, ha rinnovato l'appello agli iracheni perché oggi non disertino i seggi. Misure di sicurezza eccezionali sono state predisposte per questa importante giornata ma ciò non ha impedito spargimenti di sangue.

Sei membri delle milizie lealiste irachene della Mobilitazione popolare (Hashid Shaabi), formazione vicina all'Iran, sono stati infatti uccisi in un attacco compiuto dall'Isis a sud di Kirkuk. Altri due miliziani che erano intervenuti di rinforzo ai loro commilitoni sono rimasti feriti.

La regione di Kirkuk è stata dal 2014 al 2017 sotto il controllo delle milizie curde Peshmerga che si erano opposte con successo all'Isis ma sono poi state costrette a ritirarsi nell'ottobre scorso davanti a un'offensiva congiunta dell'esercito federale e delle milizie della Mobilitazione popolare, a maggioranza sciita.

Sul voto pesa comunque la disputa tra USA e Iran sul nucleare, dopo il passo indietro degli Stati Uniti annunciato da Trump negli scorsi giorni. I due paesi sono stati finora i due principali alleati di Baghdad nella guerra contro l'Isis e un conflitto latente tra i due paesi rischierebbe di accentuare l'instabilità dell'Iraq.

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