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Una ricostruzione che passa anche dal palato

Le ferite lasciate dal terremoto che un anno fa ha colpito il Centro Italia sono ancora aperte. Per rilanciare la regione si punta anche sul settore agroalimentare.

Questo contenuto è stato pubblicato il 05 dicembre 2017 - 09:02

“Le prelibatezze che questa sera sono presenti qui, rappresentano l’eccellenza del nostro territorio, la nostra tradizione, la nostra cultura”, sottolinea Rinaldo Seca.

Il giovane sindaco di Castelli, comune in provincia di Teramo duramente colpito dal sisma, non ha esitato a intraprendere la trasferta a Berna per presenziare a una serata organizzata a metà novembre dall’ambasciata italiana. Una serata indetta nell’ambito della seconda edizione della Settimana della cucina italiana nel mondoLink esterno e che quest’anno ha messo l’accento sulla gastronomia delle quattro regioni colpite dal terremoto del 2016 (Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria).

Un gesto prima di tutto di solidarietà, che dimostra ancora una volta “quanto gli italiani all’estero siano vicini alle popolazioni colpite dal terremoto”, rileva Alessio Tacconi, deputato ‘svizzero’ (risiede nella Confederazione ed è stato eletto nella circoscrizione Europa) del Movimento Cinque Stelle. Ma soprattutto è anche da questi prodotti che il Centro Italia può puntare per risollevarsi, secondo il sindaco di Castelli: “Sono importantissimi per permetterci di ripartire dopo le grandi difficoltà”.

“Certo, bisogna lavorare molto sui marchi, sul tipicizzare i nostri prodotti. Sono però convinto che l’agroalimentare possa essere un settore d’esportazione ad alto valore aggiunto”, rileva ancora Rinaldo Seca.

Un mercato molto appetitoso

La Svizzera rappresenta in questo senso un mercato molto interessante per i prodotti italiani. Prima di tutto perché le relazioni commerciali sono molto importanti. Basti pensare che l’Italia vanta un saldo favorevole di oltre 4 miliardi di franchi nella bilancia commerciale tra i due paesi, stando ai dati del 2016 dell’Amministrazione federale delle doganeLink esterno. L’export dalla Penisola verso la Confederazione ha raggiunto quota 17 miliardi di franchi (cifra che non tiene conto dei metalli preziosi). Solo la Germania fa meglio.

Soprattutto, tra gli svizzeri e la gastronomia italiana vi è ormai una lunga e radicata storia d’amore. Non è un caso, ad esempio, che il formaggio più venduto in Svizzera sia la mozzarella (anche se non sempre di produzione italiana) e che i prodotti della vicina Penisola si ritrovino praticamente sulle tavole di tutto il paese, anche nelle regioni più rurali. L’elevato potere d’acquisto degli svizzeri fa poi sì che il mercato elvetico sia uno sbocco privilegiato per prodotti di alta qualità oche perlomeno vengono percepiti come tali.

Viste queste premesse, non stupisce che l’Italia sia il principale fornitore della Svizzera per quanto concerne la categoria “Derrate alimentari, bibite e tabacco”. Dal 2000 al 2016, il valore delle merci in questo settore importate dalla Penisola è passato da 1,1 miliardi a oltre 1,6 miliardi. Tra il 2015 e il 2016, la crescita è stata del 5%.

La Francia, che pure gode di una grande reputazione in materia di gastronomia, ha esportato nel 2016 derrate per poco più di 1,2 miliardi.

Meglio ha fatto la Germania. Su ben 44 miliardi di franchi di esportazione, ‘solo’ 1,5 miliardi riguardavano però prodotti alimentari. Senza voler nulla togliere al currywurst, la salsiccia di Norcia o la ventricina sono un’altra cosa… 


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