Marijuana legale, una visita al "laboratorio" uruguaiano
Sono passati cinque anni dall'approvazione della legge sulla legalizzazione della marijuana in Uruguay e uno dall'inizio della distribuzione controllata della "cannabis di Stato" nelle farmacie del paese. Il corrispondente della Radiotelevisione svizzera è andato a Montevideo per capire che impatto ha avuto la misura.
Da un anno a questa parte i cittadini uruguaiani che si sono registrati possono legalmente acquistare della marijuana in farmacia. Ogni individuo ha inoltre diritto a coltivare la canapa privatamente fino a un massimo di sei piante. È possibile anche fondare e registrare dei "cannabis club", dove gruppi di persone possono coltivarne una quantità maggiore in associazione, sotto il controllo delle autorità, che impone una quantità massima annuale di marijuana per gli associati.
Il mercato dello stupefacente, prima nelle mani dei narcotrafficanti, è diventato un business dello Stato. E proprio nella lotta al narcotraffico, le autorità notano i risultati più evidenti.
“Oggi stimiamo che tra il 25 e il 50% della domanda di marijuana è soddisfatta attraverso la via della regolarizzazione legale. Questo vuol dire che i consumatori hanno maggiore sicurezza al momento di comprare e usare la sostanza e che abbiamo tolto delle risorse finanziarie importanti alla struttura parallela del narcotraffico”, ha detto alla Radiotelevisione svizzera il segretario nazionale delle politiche sulla droga Diego Martin Oliver.
Come conseguenza della rapida introduzione della legge sono però aumentati gli omicidi. Questo è dovuto al fatto che i gruppi criminali, non avendo più il monopolio su un prodotto molto richiesto, hanno visto il numero di punti di spaccio ridursi considerevolmente. Gli scontri tra narcotrafficanti rivali per il controllo di un territorio meno esteso si sono quindi intensificati.
Nonostante questo aumento della violenza, il consenso per la misura pionieristica adottata è aumentato negli ultimi anni. In attesa di un bilancio ufficiale esaustivo, anche da un punto di vista economico, il resto del mondo continua a osservare attentamente il "laboratorio" uruguaiano.
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