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Datagate, dimissioni e nuove rivelazioni contro Facebook

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Questo contenuto è stato pubblicato il 20 marzo 2018 - 11:28
tvsvizzera/spal con RSI (TG del 20.3.2018)

Il datagate che sta investendo Facebook ha già fatto cadere la prima testa. Si è infatti dimesso Alex Stamos che ricopre il ruolo di responsabile della sicurezza delle informazioni all’interno del social media, a testimonianza delle tensioni che agitano il social network.

Da parte sua il manager ha parlato di "disaccordi interni" sulla strategia con la quale Menlo Park intende affrontare la vicenda e sulle modalità con cui i vertici aziendali hanno gestito il problema delle fake news che vengono diffuse attraverso la piattaforma.

In particolare, secondo quanto riporta il New York Times, Alex Stamos avrebbe esortato i dirigenti del gruppo ad agire con la massima trasparenza riguardo alle attività di disinformazione provenienti dalla Russia in occasione delle presidenziali statunitensi e del voto sulla Brexit ma il suo appello sarebbe rimasto inascoltato. Ma i dirigenti tacquero e per questo motivo si sarebbe dimesso in aperta polemica con il direttore Sheryl Sandberg.

I sospetti sulla Cambridge Analityca

Intanto il titolo di Facebook continua a perdere pesantemente in borsa e le autorità britanniche hanno chiesto un mandato di perquisizione della seda della Cambridge Analytica, la contestata società che ha collaborato alla campagna elettorale di Donald Trump ed è sospettata di aver acquistato a fini politici i dati su oltre 50 milioni di utenti che erano stati raccolti con una app dalla Global Science Research (GRS).

Ma sempre in queste ore si è venuto a sapere che, come riporta The Guardian, Joseph Chancellor, cofondatore proprio della Global Science Research, è stato assunto nel novembre del 2015 da Facebook dopo che la sua società aveva venduto i dati sensibili di milioni di utenti del gigante social.

Raccolti dati autorizzata

Da parte sua Aleksandr Kogan, l’altro creatore della contestata app, si è detto “pronto a parlare con l’FBI e davanti al Congresso americano”. Kogan, che ha respinto l’accusa di essere una spia russa, ha voluto confutare la tesi di Facebook secondo il quale avrebbe autorizzato la raccolta di dati dei suoi utenti per scopi accademici. "Non abbiamo mai detto che il nostro progetto era finalizzato ad una ricerca universitaria", ha chiarito in proposito alla CNN il ricercatore.

 

 

 

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