In Ticino un lavoratore su quattro è un frontaliere
Continuano ad aumentare, anche se a un ritmo inferiore, i frontalieri in Svizzera. Nel 2016 il loro numero è salito di 11'300 unità, facendo segnare un incremento del 3,7% rispetto a 12 mesi prima. Il principale paese di provenienza resta la Francia ma è in Ticino dove la loro percentuale è in assoluto la più elevata (27,1% degli occupati).
In totale in Svizzera si contavano alla fine dell’anno scorso 318'500 lavoratori transfrontalieri, la metà dei quali (54,9%) residenti in Francia, seguita dall'Italia (22,6%), dalla Germania (19,3%) e dall’Austria (2,6%). Si tratta comunque dell’incremento annuo più basso dal 2010, anche se negli ultimi 5 anni i lavoratori pendolari stranieri sono aumentati di un quarto (26,4%), passando da 251'700 a 318'500).
Ma la statistica generale non fotografa appieno le particolarità di un fenomeno che produce forti impatti sul piano regionale: i frontalieri si concentrano soprattutto (per i quattro quinti) in tre regioni, l’Arco lemanico (37,2%), la Svizzera nordoccidentale (22,8%) e Ticino (20,2%) e a livello locale è proprio il cantone incuneato tra Piemonte e Lombardia che presenta la loro quota maggiore nei confronti dei lavoratori indigeni (27,1%), vale a dire più di una persona attiva su quattro (a livello nazionale sono il 6,3% degli occupati).
E non a caso è proprio nel cantone italofono che si avvertono fenomeni distorsivi del mercato del lavoro, quali dumping salariale e sostituzione di dipendenti locali con frontalieri anche in ambiti tradizionalmente considerati retaggio della manodopera confederata.
A livello settoriale va sottolineata la preferenza dei lavoratori pendolari stranieri per il comparto dei servizi, ambito che ne occupa il 65,4% mentre il 34% è attivo nell’industria e solo l’1,2% è occupato nel settore primario.
Come emerge dal seguente grafico l'evoluzione dei frontalieri in Ticino è particolarmente marcata a partire dall'entrata in vigore dell'accordo di libera circolazione con l'Ue, nel giugno del 2002.
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