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Dall'UE la Svizzera non deve aspettarsi trattamenti speciali

Petros Mavromichalis è ambasciatore dell'UE in Svizzera dal giugno 2020. © Keystone / Alessandro Della Valle

La Confederazione non deve aspettarsi vantaggi dall'Unione Europea di cui non dispongono gli stessi suoi Stati membri. In un'intervista alla Neue Zürcher Zeitung, l'ambasciatore dell'UE a Berna, Petros Mavromichalis, ha ribadito che Bruxelles non intende riservare trattamenti di favore alla Svizzera.

Questo contenuto è stato pubblicato il 09 maggio 2022 - 16:00
tvsvizzera.it/mar con Keystone-ATS

"Il mercato interno comune è un punto di forza dell'UE. Solo questo ci permette di prendere dure sanzioni contro la Russia. L'UE è militarmente debole, ma economicamente una superpotenza. Indeboliremmo il mercato interno se ora concedessimo a uno Stato amico come la Svizzera delle esenzioni che gli Stati membri non hanno", sottolinea Petros Mavromichalis nell'intervista alla NZZ.Link esterno

Se Bruxelles iniziasse ad accordare dei privilegi a uno Stato terzo, anche altri Paesi ne farebbero richiesta e il mercato interno, la cui forza risiede nel fatto che tutti i partecipanti rispettano le stesse regole, "diventerebbe pieno di buchi".

Clausole devono restare l'eccezione

In caso di dubbi, c'è un'istanza, la Corte di giustizia europea, che interpreta le regole, aggiunge Mavromichalis "Questo deve valere anche per la Svizzera, negli ambiti in cui la Confederazione partecipa al mercato interno".

Secondo il diplomatico, l'UE esamina attualmente la proposta della Svizzera di risolvere le questioni controverse su base settoriale nei singoli accordi. Questa soluzione renderebbe più complicato risolvere le questioni istituzionali rispetto a un approccio orizzontale e globale, osserva. "Ma l'UE non è ideologica. Per l'UE, è il risultato finale che conta".

Bruxelles vuole che tutti gli accordi di accesso al mercato prevedano l'obbligo di adottare la legge in modo dinamico e lo stesso meccanismo giuridico per risolvere le controversie, precisa Mavromichalis. Regolamenti come le clausole di salvaguardia (come  sono possibili in alcuni settori, ma devono rimanere l'eccezione, aggiunge. "Dovrebbero riferirsi a problemi specifici ed essere limitati nel tempo". D'altra parte, non è possibile escludere certi accordi come la libera circolazione delle persone o intere direttive UE, secondo il diplomatico.

Da un anno le relazioni tra Berna e Bruxelles sono diventate molto più tese, dopo che la Svizzera nel maggio 2021 ha deciso in modo unilaterale di porre fine ai negoziati per la conclusione di un accordo quadro istituzionale.

Questa intesa avrebbe dovuto permettere di adeguare in modo più dinamico e rapido gli accordi bilaterali, che regolano i rapporti tra Svizzera e UE in una serie di settori, dalla libera circolazione delle persone al trasporto aereo, passando per i trasporti terrestri e l'agricoltura. Ogni qualvolta che vi è uno sviluppo del diritto europeo in uno di questi ambiti, la Svizzera riprende generalmente le norme, passando però prima da nuovi negoziati. L'accordo avrebbe appunto dovuto evitare questa prassi troppo lenta e stabilire inoltre un meccanismo per risolvere eventuali vertenze (meccanismo che contemplava come foro competente la Corte di giustizia UE).

"Siamo rimasti molto delusi dal fatto che la Svizzera, dopo più di dieci anni, abbia interrotto i negoziati", osserva ancora Petros Mavromichalis. Tuttavia le questioni aperte rimangono. "La Svizzera vuole nuovi accordi di accesso al mercato. Ciò sarà possibile solo quando avremo una soluzione per le questioni istituzionali. Non si può ampliare una casa se le sue fondamenta sono instabili".


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