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Ticino, il fiume che unisce

Presentato alle recenti Giornate del cinema di Soletta, il documentario italo-svizzero "Tutto l'oro che c'è" ci porta sulle sponde del Ticino per raccontare frammenti di vita di cinque personaggi e il loro rapporto con il fiume.

Questo contenuto è stato pubblicato il 06 febbraio 2020 - 14:55
Mattia Lento
Lungo quasi 250 chilometri, il Ticino è il secondo fiume italiano più importante per portata d'acqua. L'immagine è tratta dal documentario di Marco Caccia. roughcat.ch

Le sue fonti si trovano sul Passo della Novena, in Val Bedretto, e sul massiccio del San Gottardo, nei pressi di Airolo, ed è uno dei fiumi più importanti della Svizzera e dell’Italia: il Ticino.

Per il regista Andrea Caccia, presente alla proiezione solettese, il Ticino è un corso d’acqua che unisce territori, genti e culture: il Cantone Ticino con l’Italia, la Lombardia con il Piemonte, la montagna con la pianura. Questo corso d’acqua, lungo quasi 250 chilometri, scorre incontaminato in territorio svizzero, entra ed esce dal lago Maggiore e, dopo aver percorso la pianura Padana, disegnando per lunghi tratti il confine lombardo-piemontese, si getta nel fiume Po, nei pressi della città di Pavia.  

Il documentario prende avvio dal Ticino Superiore, nella Val Bedretto, ed è qui che il regista osserva alcuni bambini giocare spensierati attorno al fiume, che ha ancora le fattezze di un grande torrente alpino. Ci troviamo di fronte alle origini della vita, l’infanzia, e alle origini del fiume, un parallelo che ci riporta all’idea di innocenza, di purezza. Questa sorta di prologo, che ha permesso al film di essere sostenuto finanziariamente, oltre che dalla Radiotelevisione svizzera di lingua italiana, anche dalla Ticino Film Commission, non dura molto ed è come se fosse lasciato in sospeso.

Il regista ci porta subito oltreconfine, in un luogo a lui caro, ovvero il Parco naturale lombardo della Valle del Ticino, in provincia di Milano: Andrea Caccia è cresciuto non molto lontano da qui, sulla sponda piemontese, ed è proprio in questo contesto a lui così vicino che ha deciso di raccontare la vita dei suoi personaggi.

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I protagonisti di Tutto l’oro che c’èLink esterno sono cinque e hanno in comune due caratteristiche: non proferiscono quasi mai parola e sono tutti di sesso maschile. Per il resto hanno età differenti e un diverso approccio al fiume. Il titolo ci riporta a uno dei protagonisti, ovvero a un anziano cercatore d’oro, materiale di cui il Ticino è sorprendentemente ricco, una persona ai margini del fiume e forse anche della vita, dalla gestualità lenta, antica, quasi mistica.

Un uomo sulla cinquantina, alla ricerca del suo eden, vive il fiume completamente nudo, senza inibizioni rispetto alla presenza della macchina da presa. Un altro, un po’ più giovane, è invece impegnato nella caccia, proibita all’interno del parco.

Un carabiniere ormai in pensione, vestito comunque con la divisa d’ordinanza, e munito di macchina fotografica, che si aggira ai bordi del fiume, conferisce ad alcune scene i toni del giallo, mentre il giovane ragazzo, figlio dello stesso regista, il più creativo nel suo rapportarsi al fiume, sembra uscito da un romanzo d’appendice destinato alla gioventù.

Queste storie così diverse, raccontate con registri eterogenei, sembrano però destinate a incontrarsi e questa sensazione, più epidermica che razionale, accompagna piacevolmente lo spettatore fino alla fine del film. Ogni personaggio, ci ricorda Nicola Bernasconi, coproduttore svizzero del film, “è un po’ come se fosse alla ricerca del suo oro personale” ed è anche per questo che il documentario conserva una sua unità.   

La natura e l’uomo

Lo spettacolo della natura, degli animali e degli insetti accompagna i personaggi lungo tutto il film. Il parco e il fiume emergono nella loro bellezza ma sono lontani anni luce dall’idillio: è come se incombesse su di loro una minaccia costante. Una sensazione creata sia tramite immagini, sia tramite rumori, soprattutto quelli provenienti dal vicino aeroporto di Malpensa e dai numerosi velivoli in partenza e atterraggio. Senza contare poi che, il parco stesso, con i suoi edifici e le infrastrutture in rovina, la sporcizia, le ferite provocate dal cemento e l’inquinamento acustico è lontano anni luce dall’ambiente incontaminato descritto all’inizio del film.

L’essere umano sembra aver perso qui la sua innocenza e appare come una presenza ingombrante, fuori posto, come un essere vivente potenzialmente infestatore. A volte si ha invece l’impressione che i personaggi siano trattati alla stregua della natura ritratta nel film. Questa sensazione è però regolarmente interrotta nei momenti in cui il personaggio in questione si rapporta con i dispositivi tecnologici, come smartphone o tablet, ormai onnipresenti nella nostra vita.

L’oro del Ticino

Oltre alle qualità artistiche, il documentario di Caccia ha il merito di farci entrare in un mondo a molti sconosciuto: quello dei cercatori d’oro. Non tutti sanno che il Ticino è un fiume con una presenza d’oro piuttosto significativa. Lo sapevano molto bene i romani, che su questo corso d’acqua organizzarono un’importante attività estrattiva, e lo sanno bene gli appassionati, che cercano oro per passione e non certo perché sperano di far fortuna.

L’attività di ricerca del metallo prezioso, non molto conosciuta, è radicata nel nord dell’Italia ed è presente anche nel Canton Ticino. Licia Poretti, dell’Associazione miniera d’oro di SessaLink esterno, un’organizzazione nata recentemente che si occupa della conservazione e della fruizione del sito estrattivo storico del Malcantone, attivo fino agli anni Cinquanta, ci racconta alcuni aspetti di questa attività: “Nel Malcantone, oltre alla miniera di Sessa, aperta a partire da metà Ottocento, è rintracciabile un’attività estrattiva legata ai corsi d’acqua del territorio. Lo si nota chiaramente osservando i cumuli di ciottoli ai margini dei fiumi, accatastati nel passato per poter ricercare l’oro, ma abbiamo anche documenti storici che attestano l’attività estrattiva”. L’Associazione organizza periodicamente attività di ricerca sui corsi d’acqua malcantonesi per le scuole durante l’anno ma, afferma sempre Poretti, "non intende incentivare una nuova corsa all’oro, anche perché le quantità del metallo prezioso presenti nei corsi d’acqua del territorio sono davvero minime".

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