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"L'accordo sui frontalieri non va firmato"

L’accordo sui frontalieri, raggiunto tra Svizzera e Italia nel 2015 nell'ambito del più ampio accordo contro la doppia imposizione (e da allora sempre in attesa di essere ratificato), non dovrebbe essere firmato da parte elvetica se Roma non farà concessioni agli operatori finanziari svizzeri. 

Questo contenuto è stato pubblicato il 27 febbraio 2018 - 08:23
tvsvizzera.it/fra con RSI
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È la richiesta di una mozione del consigliere nazionale ticinese Marco Romano sottoscritta anche da altri tre parlamentari ticinesi: Fabio Regazzi, Lorenzo Quadri e Roberta Pantani.

Roma non ha mai ratificato l’accordo poiché tra l'altro ha vincolato la firma ad un’applicazione non discriminatoria dell’articolo costituzionale sull’immigrazione e la revoca da parte del Ticino dell’obbligo di presentare l’estratto del casellario giudiziale. Questi ostacoli sono nel frattempo venuti meno e se il parlamento elvetico dovessero approvare la mozione, dovrebbe essere la il governo federale a porre condizioni.

Marco Romano chiede quindi “una revisione della strategia negoziale con l’Italia e l’intesa fiscale sui frontalieri, ritiene, va firmata solo se l'Italia concederà agli operatori svizzeri la possibilità prestare servizi in finanziari senza, come oggi, dover disporre di una filiale in Italia”. In poche parole l'Italia dovrebbe dare alle banche svizzere la possibilità di accedere liberamente al mercato finanziario italiano. L'ostacolo italiano è dettato dal Decreto legislativo numero 129 del 3 agosto 2017 (che attua la Direttiva Ue 65 del 2014) che impone l’obbligo di succursale per poter operare nella penisola.

La mozione chiede dunque di non ratificare l'accordo contro la doppia imposizione (accordo fiscale). Va però ricordato che Roma non ha mai avuto fretta a ratificare l'accordo e considerato che il 4 marzo l'Italia rinnoverà i propri poteri politici, non è detto che (ed è un eufemismo) l'accordo italo-svizzero diventi una priorità per il nuovo governo italiano.

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