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Scomparso nell'Atlantico un sottomarino argentino

L'Argentina intera trattiene il respiro, da quando si è saputo che un sottomarino militare di attacco, l'Ara San Juan, con 44 uomini a bordo, risulta sparito nelle fredde acque dell'Atlantico meridionale, al largo della costa della Patagonia, da più di due giorni.

Questo contenuto è stato pubblicato il 18 novembre 2017 - 16:46
tvsvizzera.it/fra con RSI
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Il "San Juan" stava tornando da Ushuaia, nell'estremo meridionale dell'Argentina, verso la sua base operativa a Mar del Plata, nella provincia di Buenos Aires, quando si sono perse le sue tracce.

"L'unica informazione ufficiale e certa è che non è stato ancora ritrovato", ha indicato alla stampa il portavoce della Marina Militare, Enrique Balbi, smentendo diverse versioni diffuse dai media riguardo a un presunto ritrovamento del San Juan o un incendio che sarebbe scoppiato a bordo del sottomarino.

La Marina ha attivato un'operazione di ricerca per localizzare il sottomarino, ordinando "a tutte le stazioni di comunicazione terrestre lungo la costa argentina di fare una ricerca preliminare ed estesa di comunicazioni e di ascoltare tutte le possibili frequenze di trasmissione del sottomarino".

Unità militari sono già state inviate verso la zona da dove sono partiti gli ultimi messaggi del San Juan, mentre il ministro della Difesa Oscar Aguad è tornato d'urgenza dal Canada, dove stava partecipando ad una conferenza Onu. Il ministero degli Esteri ha reso noto che Cile, Stati Uniti e Regno Unito hanno offerto di collaborare alla ricerca del sottomarino.

Da parte sua, l'ammiraglio Gabriel Gonzalez, comandante della base di Mar del Plata, ha indicato che a bordo del San Juan "c'è cibo e ossigeno a sufficienza" per tutto l'equipaggio, sottolineando che "non si può dunque parlare di un'emergenza".

Molto meno ottimista il commento di Julio Langani, uno degli ingegneri che ha monitorato la costruzione del sottomarino nei cantieri navali della Thyssen Nordseewerke ad Edem, in Germania, dove il San Juan è salpato per la prima volta nel giugno del 1983. In dichiarazioni al quotidiano Ambito, Langani ha ipotizzato che nel sottomarino "si potrebbero essere surriscaldate le batterie, il che provoca l'emissione di un gas clorato, che risulta mortale per gli esseri umani".



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