Un ticinese arruolato nel Califfato nero
Dall’inchiesta sul presunto reclutatore dello Stato Islamico (Isis) finito in manette mercoledì spunta il primo foreign fighter ticinese nato e cresciuto nel Luganese. Si tratta di un 25enne svizzero di origini tunisine che ha lavorato nella stessa agenzia di vigilanza in cui operava l’arrestato ed è verosimilmente morto l’anno scorso a Mosul.
La sua storia è identica a quella di tanti ragazzi cresciuti a sud delle Alpi: un passato nelle giovanili del Lugano Calcio, un’esperienza nella scuola degli sportivi d’élite di Tenero, la scuola commerciale di Massagno (Lugano) e il servizio di leva nell’esercito rossocrociato.
Poi la svolta. In concomitanza con il suo lavoro nell’agenzia di sicurezza in diversi centri per richiedenti asilo in Ticino, in cui conosce il reclutatore turco-svizzero, il giovane abbandona la religione cattolica per abbracciare la fede islamica e frequentare assiduamente la Moschea di Viganello.
Nel marzo del 2015 sparisce e i famigliari ne denunciano la scomparsa. Va in Siria e in Iraq per congiungersi con i tagliagole dell’Isis. Nella roccaforte irachena del Califfato nero l’anno scorso trova la morte in combattimento.
Intanto emergono connessioni tra questo caso e l’inchiesta condotta oltre confine nei confronti di Oussama Khachia, il 31enne del Varesotto espulso dal Ticino e dall’Italia per le sue simpatie jihadiste e morto in Siria.
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