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Caselli, "dirompenti gli scritti di Moro ma le BR non se ne accorsero"

Intervista all'ex giudice istruttore a Torino che interrogò il primo importante pentito dei terroristi rossi, Patrizio Peci

Questo contenuto è stato pubblicato il 21 settembre 2015 - 17:48

Le rivelazione che gli fece il terrorista Patrizio Peci durante l'interrogatorio nel carcere di Cuneo il 1° aprile del 1980 furono l'inizio delle fine per le Brigate Rosse. Peci non era un brigatista qualunque, era il capo della colonna torinese e soprattutto era in contatto con la Direzione strategica di cui conosceva nomi e numerosissimi altri dettagli dell'organizzazione eversiva di cui erano all'oscuro, fino ad allora, gli inquirenti.

Nell'intervista Gian Carlo Caselli, allora anni giudice istruttore, ricostruisce il clima di quegli anni in cui nella città della Mole fu allestito il promo processo ai capi storici delle Brigate Rosse, la principale organizzazione terroristica in Italia negli Anni di piombo. Ma solleva dubbi anche sulla vicenda del memoriale di Moro, la cui portata "dirompente" non fu capita dalle BR, in particolare da Mario Moretti che aveva gestito il sequestro dello statista democristiano.

Un accenno infine ai NO-TAV su cui Gian Carlo Caselli ha condotto indagini nei suoi ultimi anni alla Procura di Torino e riguardo ai quali non bisogna confondere la legittima attività del movimento nel suo complesso con le azioni rilevanti dal profilo penale di alcuni facinorosi.

L.Spagnoli/C.Gobbetti

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