Così l'Italia si protegge dal terrorismo islamista
La duratura assenza di attentati jihadisti in Italia attira l'attenzione dei media e degli analisti. Alcuni hanno ipotizzato che tra i fattori deterrenti ci sia la criminalità organizzata, che controlla il territorio. Ma la carta vincente sembra essere un'altra.
Decine di migliaia di controlli e centinaia di espulsioni. È così che, nonostante le continue minacce di Al Qaeda e dell'autoproclamato Stato islamico, in Italia non si sono verificati attacchi paragonabili a quelli che hanno avuto per obiettivo altri, grandi paesi europei.
"In Italia, se ci si radicalizza, si viene espulsi", ribadiva l'esperto Lorenzo Vidino pochi giorni fa al quotidiano svizzero Le Temps.
Un'attività confermata al TG della Radiotelevisione svizzera [video sotto] dal procuratore della Repubblica di Como, Nicola Piacente, e da quello di Catanzaro, Nicola Gratteri.
Gratteri -oltre a spiegare che, in realtà, le mafie gradiscono la presenza di una minaccia terroristica poiché distoglie l'attenzione delle forze dell'ordine dai loro affari- elogia l'attività della polizia giudiziaria italiana ed evoca altri aspetti che rendono l'Italia meno vulnerabile: il ridotto passato coloniale e una maggiore, concreta integrazione.
Piacente, che pone l'accento sull'efficacia della legislazione preventiva, sottolinea che l'attenzione rimane alta, specie per quanto riguarda i rientri di cosiddetti 'foreign fighters', radicalizzati che tornano in Europa dopo essere stati in scenari di guerra.
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