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Affidamento coatto di bimbi nomadi, Berna cerca di rimediare

Il governo federale stanzia 300 milioni per i minori collocati con forza nel dopoguerra in orfanotrofi e fattorie "per scopi assistenziali"

Questo contenuto è stato pubblicato il 14 gennaio 2015 - 22:29

Si tratta di una delle pagine più nere della storia svizzera. Migliaia di bimbi, in prevalenza dell'etnia nomade Jenisch, strappati nel dopoguerra alle loro famiglie e collocati coattivamente in fattorie o orfanotrofi. Minori oggetto di ripetute violenze, soprusi e abusi e ai quali è stata preclusa una formazione e un'esistenza dignitosa.

Ora il Consiglio federale, in risposta all'iniziativa promossa da Guido Fluri,Link esterno ha deciso di istituire un fondo di 300 milioni di franchi in favore di coloro che sono stati dati in affidamento in applicazione delle cosiddette "misure coercitive a scopo assistenziale". Ma dietro motivazioni umanitarie si celavano di fatto intenti persecutori nei confronti di soggetti emarginati, poveri o non in sintonia con i valori sociali e morali dell'epoca.

Per queste esecrabili pratiche, che sono arrivate in alcuni casi a sterilizzazioni e aborti coatti, si è dovuta scusare ufficialmente nel 2013 la consigliera federale Simonetta Sommaruga che, non fosse altro che per ragioni anagrafiche, non c'entrava nulla. Ma ora un risarcimento di questa entità, sia esso quello delineato dal governo o dall'iniziativa, potrà per lo meno alleviare i circa 15'000 superstiti e mettere a posto le coscienze dei protagonisti e dei loro conniventi di questa brutta vicenda.

Riparare l'ingiustiziaLink esterno

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