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Borromini, "un'archistar" del XVII secolo

La chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza. tvsvizzera

Con una vasta serie di iniziative e la partecipazione di figure illustri, l’Italia celebra i 350 anni dalla scomparsa del genio Francesco Borromini (1599-1667). Ticinese di nascita, lombardo di adozione e, in ultimo, romano per vocazione, viene ricordato come uno dei maggiori architetti della storia. 

Questo contenuto è stato pubblicato il 07 gennaio 2018 - 11:05
Enrico Marra

A definirlo tale, al di fuori di ogni dubbio, è Paolo Portoghesi, il promotore del programma celebrativo in memoria del grande architetto. 

Il calendario delle iniziative, presentato ai Musei Vaticani il primo dicembre, andrà avanti fino al marzo del 2018. Gli eventi avranno luogo negli spazi del Vaticano, dell’Accademia di San Luca, dell’università la Sapienza e dell’Accademia di belle arti di Roma. Con la partecipazione dell’Istituto Svizzero Link esternoe del museo MaxxiLink esterno

La straordinaria cornice borrominiana della Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, a indice dell’esclusività dell’evento, ha ospitato l’esecuzione della Missa Ecce Sacerdos magnus. Tre cori su partitura di Orazio Benevolo (1605-1672). Una partitura scritta, nel 1661, appositamente per lo spazio a tre cantorie della chiesa progettata da Borromini.

Un primo ciclo di tre affollate conferenze si è appena concluso. Eminenti specialisti, da Joseph Connors, a Werner Oechslin, allo stesso Portoghesi, hanno confrontato le loro conoscenze del Borromini, intessendo un racconto stupefacente.


L’immagine di Borromini, come l’anima della sua opera, è andata elevandosi nei secoli attraverso l’analisi accademica, sovrastando il confronto con ogni suo rivale. Già nel ‘700 con la sua innovazione condizionò tutta la società civile. Gli accademici lo considerano un pilastro portante del concetto di architettura Barocca. 

Ancora oggi la sua opera sorprende ed è fonte inesauribile d’ispirazione. Tuttora, importanti “archistar” internazionali riprendono temi delle sue ricerche spaziali. Tuttora, importanti accademici sono impegnati nella comprensione delle innumerevoli complessità delle sue creazioni. 

Le straordinarie forme, dove i volumi e gli spazi vuoti ad essi magistralmente sottratti da Borromini, si disegnano vicendevolmente, armonizzandosi ma anche configgendo, con spigoli acuti, quasi a voler trafiggere il cielo. Come in una musica che lascia “cantare” le pause, in cui anche il silenzio “canta”.

Secoli dopo la sua morte, attorno al genio di Borromini c’è ancora tanto mistero. Anche nella sua persona può intravedersi “l’opera d’arte”. 

Nel suo precoce talento, nel volersi continuamente superare, nel voler sempre spiccare dal contesto. Nel desiderio di vincere ad ogni costo e per indiscutibile merito. Se necessario fino ad ammalarsi nella spasmodica ricerca della bellezza. Bellezza, che Borromini ha regalato a Roma, al mondo ed all’architettura. Bellezza per cui oggi lo si celebra con grande riconoscenza.

Nelle commemorazioni non sono mancati riferimenti alla personalità schiva ed introversa di Borromini. Al suo rapporto, estremamente competitivo, con l’altro colosso dell’epoca, Gian Lorenzo Bernini. Vicende che prestarono il fianco anche al chiacchiericcio ed alla nascita di numerose leggende. Ma che tuttavia scandirono realmente la sua attività. Borromini, innegabilmente, poté esprimersi appieno, realizzando le opere più importanti, solo nel periodo in cui Bernini fu “sollevato” dalle commissioni papali, per volere di Innocenzo X (Giovanni Battista Pamphilj), lasciandogli il campo libero. Una breve e brillante parentesi che, una volta terminata, fece piombare Borromini in una crisi profonda, che ebbe come tragico epilogo il drammatico suicidio a mezzo di spada, dai contorni “teatrali”.

I Musei Vaticani hanno arricchito le celebrazioni con una mostra, aperta fino al 5 gennaio, che espone alcuni disegni originali del grande architetto, tra cui i progetti di armonizzazione della Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma. Carte conservate nella sorvegliatissima Biblioteca Apostolica Vaticana, in compagnia di alcuni tra i manoscritti più rari e importanti al mondo.

Le celebrazioni si protrarranno nel 2018 con altre iniziative dell’Università la Sapienza e l’Accademia di Belle Arti di Roma. In marzo, Borromini sarà nuovamente al Maxxi, per una mostra accompagnata da simposi che concluderanno questo ciclo di commemorazioni. Parteciperanno architetti di fama mondiale tra i quali lo stesso Portoghesi, Frank Gehry, Arata Isozaki, Massimiliano Fuksas.

Francesco Borromini

Architetto e sculture svizzero, il cui vero nome era Francesco Castelli, il Borromini nasce il 25 settembre 1599 a Bissone, in Ticino, e muore suicida a Roma il 3 agosto 1667.

Dapprima scalpellino come il padre, lascia la Svizzera in tenera età e si trasferisce a Milano, dove impara il disegno e la scultura.

Nel 1619 parte per Roma e vi resta per sempre. Lavora dapprima alla Basilica di San Pietro come scultore ornamentale, sotto la direzione di Carlo Maderno.

La Città eterna gli apre degli ottimi orizzonti, ma gli mette sul suo cammino un rivale di alto livello: il Bernini.

Nel 1634 realizza la sua prima opera personale: la chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane, detta il San Carlino. La sua fama cresce e Francesco Borromini dirige numerosi cantieri. Gli vengono in particolare affidati importanti lavori di trasformazione della basilica di San Giovanni in Laterano e la costruzione dell’Oratorio dei Padri Filippini.

Depressivo, nell’estate 1667 mette fine ai suoi giorni gettandosi contro una spada. È sepolto nella chiesa di San Giovanni dei Fiorentini a Roma.

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