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La folgorante ascesa di un movimento regionale antieuropeista

Evento organizzato dalla Lega dei Ticinesi nel marzo 2014 per il primo anniversario della morte del fondatore del partito Giuliano Bignasca. Keystone

La Lega dei Ticinesi è stata fondata 25 anni fa in quanto partito di opposizione. Sebbene sia rimasta fedele ai suoi principi di movimento regionale antieuropeista, la Lega ha dovuto trasformarsi poiché ha assunto una responsabilità governativa sempre più grande. Il suo carismatico ma controverso fondatore, Giuliano Bignasca, è deceduto nel 2013.

Questo contenuto è stato pubblicato il 11 febbraio 2016 - 11:00
Gerhard Lob, Lugano, swissinfo.ch

La Lega dei TicinesiLink esterno ha appena compiuto 25 anni. Centinaia di sostenitori hanno celebrato questo anniversario durante una grande festa organizzata a Lugano. Un quarto di secolo fa, nessuno avrebbe potuto immaginare l’evoluzione della Lega, che da movimento regionale di protesta è diventata una forza politica decisiva nel cantone italofono a sud delle Alpi.

Nel 1990, i motori del movimento erano l’imprenditore edile Giuliano Bignasca e Flavio Maspoli, un giornalista intraprendente a cui, un anno prima, Bignasca aveva affidato la guida della redazione del giornale gratuito “Il Mattino della domenica”.

Giuliano Bignasca, un liberale deluso dal suo partito, aveva fondato il giornale e la Lega con lo scopo di mettere i bastoni tra le ruote dei partiti storici del cantone. All’epoca, si parlava spesso del loro dominio e di “partitocrazia”. Ad essere nel mirino della Lega erano in particolare il Partito liberale radicale (PLR), il Partito popolare democratico e il Partito socialista, che si suddividevano tra loro cariche e mandati.

«Il Ticino ai ticinesi»

Alla domanda su cosa voleva davvero la Lega, il presidente a vita Giuliano Bignasca ha sempre risposto allo stesso modo: «Il programma è chiaro: no all’Unione europea, sì al segreto bancario e ‘il Ticino ai ticinesi’». Il fatto di essere stato definito un populista non lo ha mai disturbato. A Giuliano Bignasca piaceva considerarsi il portavoce della gente comune, definendosi il protagonista di una nuova “destra sociale”.

L’imprenditore si è senza dubbio ispirato alla Lega Nord in Italia, un partito di destra populista fondato nel 1989 che si è sempre battuto per l’indipendenza del Nord Italia da Roma. I rapporti tra la Lega dei Ticinesi e la grande sorella italiana sono (quasi) sempre stati buoni. Ciò non ha però impedito al movimento ticinese di portare avanti un discorso ostile nei confronti dell’Italia e in particolare dei frontalieri italiani.

Dalla protesta al potere

L’ascesa è stata rapida. Dei rappresentanti della Lega sono stati eletti nella camera bassa del parlamento svizzero (Consiglio nazionale) e nel governo ticinese. Nel 2011, il partito ha ottenuto uno storico successo con l’elezione di due suoi candidati nell’esecutivo ticinese, che conta in tutto cinque consiglieri di Stato. Sconfiggendo il dominio decennale del PLR, il partito di protesta ha fatto la sua entrata definitiva nella stanza dei bottoni, conquistando addirittura la maggioranza relativa.

Un’altra storica vittoria è stata festeggiata nel 2013, quando la Lega è riuscita a conquistare, con Marco Borradori, la poltrona di sindaco della città di Lugano. Anche in questo caso, a farne le spese è stato il PLR.

Malgrado un potere in costante crescita, la Lega non è mai diventata un „partito normale“. Non ha infatti mai organizzato congressi, riunioni di comitato o rivisto i programmi politici. Giuliano Bignasca dettava il passo sul “Mattino”, diventato il giornale del partito. E così è rimasto anche dopo la sua morte improvvisa nel marzo 2013. Le decisioni vengono prese dagli “ufficiali”, una cerchia ristretta di dignitari politici, mentre il domenicale si occupa di diffondere le loro parole tra i cittadini.

La Lega ha dettato l’agenda politica

Cosa ha ottenuto la Lega in questi 25 anni? «Ha dettato l’agenda politica e ha stabilito la gerarchia dei temi politici», rileva Oscar MazzoleniLink esterno, politologo all’Università di Losanna. Questo è stato particolarmente evidente per questioni quali l’Unione europea, gli stranieri e i frontalieri, oggi tra i temi dominanti dell’attualità politica.

In questo senso, il movimento ticinese può essere considerato un precursore regionale dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), che sotto l’impulso di Christoph Blocher è riuscita, nella Svizzera tedesca, a dominare la discussione nazionale con la sua agenda politica, soprattutto con i temi dell’asilo e degli stranieri.

A livello nazionale, la Lega è rimasta un caso unico siccome la sua esistenza è legata al canton Ticino, anche per ragioni linguistiche. Un partito simile, ma molto più piccolo, è emerso pure a Ginevra con il Mouvement Citoyens Genevois (MCGLink esterno), che si schiera anch’esso contro i frontalieri del paese vicino. Una xenofobia diffusa, e a volte esplicita, unisce la Lega all’MCG.

Critiche all’attività in governo

Grazie ai suoi successi elettorali, la Lega ha assunto un responsabilità governativa sempre più grande. Ed è per questo che a volte deve andare contro i propri principi. A Lugano, ad esempio, la Lega domina l’esecutivo municipale. Di fronte dell’evoluzione drammatica delle finanze pubbliche, le imposte sono state aumentate, quando la Lega si è invece sempre considerata il partito anti tasse per eccellenza.

Anche le lotte contro un apparato amministrativo sovradimensionato e contro le tasse statali superflue hanno sempre fatto parte dei cavalli di battaglia della Lega. Ma ciononostante, il ministro leghista dell’ambiente Claudio Zali ha fatto passare in Gran Consiglio (parlamento cantonale) una cosiddetta “tassa di collegamento” che obbliga le aziende e i centri commerciali a prelevare delle tasse sui parcheggi. La misura mira a ridurre il traffico motorizzato individuale.

Le associazioni economiche hanno lanciato un referendum e nel solo periodo natalizio sono riuscite a raccogliere ben 24'000 firme (ne bastavano 7'000). La Lega, che durante i suoi 25 anni di esistenza ha spesso impugnato l’arma del referendum, si vede ora costretta a difendere una misura governativa nel quadro di una votazione popolare.

Proteste e responsabilità

Il funambolismo tra il lavoro istituzionale e l’opposizione extraparlamentare fa un po’ parte dell’essenza stessa della Lega, che a livello politico non ha mai dovuto pagare un prezzo troppo alto. Una contraddizione che non sembra essere un problema per il suo elettorato, sempre in crescita.

Questo vale anche per le decisioni politiche più delicate come l’aumento delle imposte a Lugano. Come è possibile tutto ciò? L’ex consigliere nazionale UDC Pierre Rusconi lo spiega in questo modo: la Lega non ha elettori in senso stretto, bensì dei fan, che sostengono il loro club. Poco importa ciò che fa.

Ticino, la Catalogna della Svizzera?

Situato a sud delle Alpi, il Ticino si trova in una situazione geografica e linguistica particolare. Unico cantone italofono del paese, appare come un triangolo che penetra in Lombardia. La sua posizione geografica e linguistica ha sempre comportato una certa distanza tra Bellinzona, il capoluogo cantonale, e Berna, la capitale svizzera.

Tuttavia, dalla creazione della Lega dei Ticinesi nel 1991, il sentimento di non essere ascoltati e capiti a Berna si è esteso fino a diventare un «regionalismo specifico». È per lo meno quanto sostiene il politologo Oscar Mazzoleni in un libro pubblicato di recente, dal titolo “Berna è lontana”. Sulla basa dell’analisi di iniziative cantonali, l’autore mostra che nel frattempo tutti i partiti più importanti coltivano allo stesso modo questo “regionalismo”.

In quanto regione periferica, il Ticino auspica una maggiore coesione nazionale, spiega Oscar Mazzoleni. Ma siccome i suoi problemi non sono presi sufficientemente sul serio a Berna, succede esattamente il contrario. «Il Ticino minaccia di diventare la Catalogna della Svizzera».

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