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"Il calcio italiano, un ambiente malato"

Parla Alessandro Lucarelli che invano ha cercato di salvare il Parma Calcio dal fallimento, per i giocatori ma soprattutto per i dipendenti della società

Questo contenuto è stato pubblicato il 09 aprile 2016 - 20:12

Alessandro Lucarelli ha ancora gli occhi profondi e vispi di quei giorni in cui cercava, invano, di salvare il Parma e i suoi giocatori, ma soprattutto i "dipendenti che hanno bisogno degli stipendi per tirare avanti le famiglie".

Alessandro Lucarelli era un calciatore di serie A, buona carriera alle spalle da combattente (difensivo) delle aree di rigore: tanto girare dietro le spalle, da Piacenza a Brescia, da Palermo al Genoa. Fino al Parma, sposato per sempre nella buona, ma soprattutto nella cattiva sorte. La cattiva sorte ormai ha fatto il suo corso e ha lasciato dietro di sé un buco da 214 milioni.

Altri sviluppi

Lui, Alessandro Lucarelli, appunto, ha combattuto la sua battaglia facendo il sindacalista sotto i riflettori, cercando soluzioni, chiedendo tagli, sperando in aiuti (promessi dalla Federcalcio e mai arrivati...), chiamando colleghi, facendo riunioni, dando voce a chi non l'aveva. Tutto inutile. "L'ho fatto perché la mia coscienza mi ha detto di farlo -racconta ricordando lo scorso terrificante anno - e perché ho imparato il rispetto dei soldi e della fatica che si fa a farli dalla mia famiglia. Sono di Livorno e quando dici Livorno dici sinistra. Io e Cristiano (il Lucarelli bomber, più famoso di lui) siamo cresciuti così: vedevamo la fatica che faceva nostro padre camionista, comprese le sveglie alle due per partire. E non l'abbiamo dimenticata".

Così, con la spada delle parole in mano più che il pallone fra i piedi, Lucarelli si è messo a fare il sindacalista in un fallimento "scoprendo che il nostro è un mondo marcio e che tanti, quasi tutti, fra quelli che potevano fare qualcosa per il Parma si giravano dall'altra parte. Questo calcio è ancora malato e va rifondato: in serie A solo 4-5 sono le società sane, le altre sono indebitate".

Nel sottofondo di un pallone italiano che, in questa estate, ha provato a togliersi le rughe, si sente il lamento di fornitori che non vengono pagati da anni e di calciatori che prendono lo stipendio con ritardi al limite del surreale. "L'anno scorso abbiamo fatto una riunione con 900 calciatori di serie minori che dovevano avere soldi dai vari fallimenti. Il calcio italiano questo non se lo può più permettere".

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